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PENSIONI, DA APRILE AL VIA I TAGLI

Scatteranno con la rata di aprile i tagli delle pensioni dovuti al nuovo sistema di perequazione automatica scattato nel 2019.  Lo riferisce l’Inps con una lettera inviata ai diretti interessati, nel cui testo sono inserite anche le tabelle che contengono il vecchio e il nuovo importo del trattamento previdenziale. La questione prende le mosse dall’invio dei mandati di pagamento per l’anno nuovo, effettuato dall’ente sulla base delle regole in vigore a novembre, prima delle modifiche apportate in materia dalla Legge di Bilancio, approvata solo alla vigilia di Capodanno.

Le nuove regole. L’Inps non ha fatto in tempo ad applicare sugli assegni in pagamento a gennaio il nuovo meccanismo introdotto dalla Legge di Bilancio, meno favorevole di quello previsto dalle precedenti regole. E così sono state pagate con il vecchio sistema le prime tre rate dell’anno, i cui importi, in alcuni casi, risultavano un po’ più generosi di quanto dovuto. Ora l’istituto previdenziale ha effettuato i ricalcoli, e questa differenza accumulata nei tre mesi dovrà essere recuperata. La rata di aprile, dunque, sarà la prima calcolata con i criteri aggiornati e successivamente si procederà ai conguagli, anche quelli (ben più pesanti) originati non dalla rivalutazione, bensì dal taglio ai trattamenti alti, le pensioni d’oro.

Misura del recupero. Con la nuova perequazione non cambia nulla per le pensioni fino a poco più di 1.500 euro lordi mensili (circa 1.200 netti), ovvero quelle che arrivano fino a tre volte il trattamento minimo, per le quali l’incremento del costo della vita pari all’1,1% viene riconosciuto integralmente. E l’effetto è praticamente insignificante anche tra tre e quattro volte il minimo (cioè fino a circa 2.030 euro lordi al mese, circa 1.550 netti) che si vedono riconoscere il 97% dell’inflazione registrata lo scorso anno.

Al di sopra di questa soglia la percentuale di rivalutazione riconosciuta inizia a calare gradualmente, prima al 77%, poi al 52%, al 47% e al 45% per arrivare infine al 40% destinato ai trattamenti superiori ai 4.565 euro lordi mensili, che quindi recuperano meno della metà dell’aumento del costo della vita. Questa “scaletta” inserita nella legge di Bilancio si confronta con lo schema che sarebbe dovuto tornare in vigore dal 2019, dopo i vari tagli alla rivalutazione operati dai vari governi che si sono succeduti in questo decennio.

Un diverso meccanismo. Prima dell’approvazione della nuova Legge di Bilancio per il 2019 vigeva un diverso meccanismo di rivalutazione, con percentuali dal 100 al 75% applicate però su scaglioni della pensione, quindi più vantaggioso di quello attuale, che taglia l’adeguamento all’inflazione sull’intero importo e con decurtazioni più sostanziali.

Facciamo un esempio: una pensione che nel 2018 valeva 2.700 euro lordi mensili (circa 1.920 nette), con l’inflazione all’1,1% avrebbe dovuto arrivare a 2.728, mentre con la nuova formula si fermerà a 2.715. La decurtazione sugli importi netti è minore perché una parte dell’incremento perduto sarebbe stato comunque assorbito dalla tassazione.

Occorre però considerare che la perdita di reddito è definitiva, nel senso che non sarà più recuperata. Per cui va moltiplicata per tutte le rate mensili percepite in futuro dal pensionato. A guadagnarci è ovviamente lo Stato. L’operazione deve infatti portare risparmi per 253 milioni quest’anno, destinati a crescere a 742 il prossimo e poi a oltre 1,2 miliardi nel 2021. Dal taglio delle pensioni alte sono invece attesi circa 80 milioni l’anno.

Pensioni d’oro. La nuova Legge di Bilancio introduce per un periodo di cinque anni, a partire dal 1° gennaio 2019 un prelievo straordinario articolato su cinque fasce in forma progressiva, a partire da 100mila euro lordi l'anno, circa 5mila euro netti al mese. Il taglio è del 15% sulla parte di assegno superiore a 100mila euro e fino a 130mila, del 25% sulla parte compresa tra 130mila e 200mila, del 30% tra 200mila e 350mila, 35% tra 350 e 500mila euro, del 40% oltre i 500mila euro. 

La riduzione interessa tutte le pensioni dirette, a eccezione solo di quelle interamente calcolate con il metodo contributivo. Restano inoltre fuori dal taglio le pensioni corrisposte alle “vittime del dovere e del terrorismo”, le pensioni erogate ai superstiti e quelle d’invalidità.

www.inps.it

Leonardo Comegna