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L’ETÀ PER LA PENSIONE DI VECCHIAIA SI FERMA A 67 ANNI

Mentre continua il dibattito sulla famosa “Quota 100” (verrà confermata sino a tutto il 2021 oppure limitata al 2020?), arriva una buona notizia  per chi punta alla pensione di vecchiaia. L’età di 67 anni, valida da quest’anno, resterà tale fino alla fine del 2022. Il limite anagrafico è stato confermato con un Decreto ministeriale del 5 novembre (pubblicato nei giorni scorsi sulla Gazzetta ufficiale), in base alla speranza di vita accertata a consuntivo dall’Istat per l’intero biennio 2017-2018: una variazione risultata inferiore a un mese. Si tratta della prima applicazione della riforma Monti-Fornero del 2011, visto che finora gli aggiornamenti per via amministrativa avevano una durata triennale. Nel biennio 2023-2024 il requisito potrebbe aumentare di 3 mesi, stando ai requisiti stimati a titolo esemplificativo dalla Ragioneria generale dello Stato nel Rapporto sulla spesa pensionistica, pubblicato lo scorso settembre.

Pensione di vecchiaia. Per accedere alla pensione di vecchiaia sono necessari almeno vent’anni di contributi.  In aggiunta, solo per i lavoratori neo-assunti dal primo gennaio 1996 per i quali la pensione è interamente calcolata con il sistema contributivo, l’assegno pensionistico dovrà essere di importo almeno pari a 1,5 volte l’assegno sociale rivalutato in base all’andamento del Pil  (687 euro nel 2019). Il limite di 67 anni resta valido fino a tutto il 2022 anche per accedere all’assegno sociale.

Pensione anticipata. Non ci sono invece novità per la pensione anticipata, ex anzianità, che prescinde dall’età dell’interessato. L’adeguamento del requisito alla variazione della speranza di vita è già stato congelato fino al 2026. Come si ricorderà, il “decretone” di gennaio che ha introdotto Quota 100 prevede per chi raggiunge questo limite dal 2019 un posticipo di tre mesi (la cosiddetta finestra) per la decorrenza del primo pagamento della pensione nel caso di lavoratori del settore privato e di sei mesi per il settore pubblico. Nulla cambia fino al 2022 anche per l’altro canale di accesso ordinario al pensionamento anticipato, vale a dire quello riservato ai lavoratori assunti dopo il primo gennaio 1996 che hanno almeno 20 anni di contributi e una pensione pari ad almeno 2,8 volte l’assegno sociale (1.283 euro nel 2019). In questo caso l’età minima resta fissata a  64 anni.

La spesa pensionistica. Secondo le stime della Ragioneria generale dello Stato, la spesa pensionistica sul Pil (il prodotto interno lordo) è destinata a toccare un picco del 15,9% proprio nel 2022, mentre negli anni seguenti non scenderà mai sotto il 15,6% fino al 2029.

Opzione donna. La manovra economica di fine anno contiene la proroga di un anno per la cosiddetta Opzione donna, ossia la possibilità di ottener la pensione prima, ma con il meno vantaggioso metodo di calcolo “contributivo”. Lo slittamento (si parla anche di renderlo strutturale) va a vantaggio delle nate nel 1961. A normativa ferma, ora sono interessate le lavoratrici dipendenti nate entro il 31 dicembre 1959 e le autonome entro il 31 dicembre 1958, purché abbiano maturato almeno 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2018. Continua aessere applicata la finestra mobile di 12 mesi per le dipendenti e di 18 mesi per le autonome.

La scelta, è bene ripeterlo, non è certamente indolore perché il calcolo “contributivo” genera spesso una importante riduzione dell'assegno che resterà poi per tutta la vita. L'entità della riduzione dipende da diversi fattori tra i cui l'età alla decorrenza della pensione (la riduzione è maggiore in corrispondenza di età di pensionamento più basse), la dinamica della carriera lavorativa, la tipologia di lavoro (dipendente o autonomo). Si stima che il taglio porti una penalizzazione tra il 20 e il 30%. 

Ape sociale. Il provvedimento conterrà anche la proroga per un anno dell’Ape sociale, che scade il 31 dicembre 2019. Una sorta di pre-pensione assistenziale che si può ottenere a partire dai 63 anni per coloro che si trovano in condizioni di disagio o svolgono attività considerate gravose (15 categorie). Possono chiederla i disoccupati da oltre 3 mesi, coloro che assistono familiari disabili, persone con invalidità pari almeno al 74% e chi svolge lavori gravosi: operai edili, autisti di gru e macchine per l’edilizia, conciatori, macchinisti e personale viaggiante, autisti di mezzi pesanti, infermiere e ostetriche ospedaliere turniste, badanti, maestre d’asilo, facchini, personale addetto ai servizi di pulizia, operatori ecologici.

Nel 2018 sono state aggiunte altre figure professionali: operai siderurgici e del vetro, operai agricoli, marittimi e pescatori. Per accedere all’anticipo gratuito occorre avere un minimo di 30 anni di contributi.

 

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Leonardo Comegna