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GIORNALISTI, CUMULO POSSIBILE TRA PENSIONE E LAVORO

Dallo scorso 1 luglio, le pensioni dei giornalisti sono pienamente cumulabili con i redditi da lavoro dipendente o autonomo. In particolare, viene meno il limite che impediva di integrare l’assegno di anzianità con entrate da attività professionale superiori a quasi 23.000 euro. Lo dice l’Inps nel messaggio n. 4213/2022, in cui detta ulteriori istruzioni a seguito dell’assorbimento della gestione principale Inpgi (l’ente di riferimento della categoria). Si chiude così il lungo contenzioso legale che ha visto soccombere l'ente in Cassazione.

 

L’incumulabilità. Fino al 30 giugno 2022 si applicava l’articolo 15 del regolamento Inpgi, secondo cui tutte le pensioni, a eccezione di quelle di vecchiaia, invalidità e ai superstiti erogate dall'istituto, erano cumulabili con i redditi da lavoro dipendente e autonomo di qualsiasi natura fino al limite massimo di 22.907,04 euro (per il 2022). La somma che oltrepassava il tetto cumulabile, nei limiti del 50% del trattamento, andava ad abbattere la pensione erogabile.

La norma era stata più volte messa in discussione dalla giurisprudenza, che non ha poi riconosciuto autonomia all’ente rispetto agli altri lavoratori dipendenti iscritti all’Inps.

 

Le regole Inps. Con l’assorbimento dal 1 luglio 2022 della gestione principale Inpgi nel fondo lavoratori la questione viene superata. Da questa data, spiega l’Inps, la materia è regolata in conformità a quanto previsto per i lavoratori iscritti all’ente. Ne consegue che anche le pensioni di anzianità diventano pienamente cumulabili con i redditi da lavoro indipendentemente dal loro importo.

L’incumulabilità resiste solo, oltre che per i trattamenti ai superstiti (già peraltro regolati dall’Inpgi in maniera analoga all’Inps):

  • sull'invalidità, compreso l’assegno ordinario;

  • sulla pensione Quota 102, disponibile per i giornalisti dal 1 luglio 2022;

  • sulla pensione con 41 anni di contributi per i lavoratori precoci.

 

Invalidità. Per quanto riguarda l'invalidità, l’Inps indica che in presenza di redditi da lavoro (dipendente, autonomo o di impresa) l'importo della rendita previdenziale viene ridotto:

  • del 25% se il reddito ricavato da questa attività supera quattro volte l’importo del trattamento minimo annuo calcolato in misura pari a 13 volte l’importo mensile in vigore al 1 gennaio di ogni anno (27.320 euro nel 2022);

  • del 50% se il reddito ricavato da questa attività supera cinque volte l’importo del trattamento minimo annuo calcolato in misura pari a 13 volte l’importo mensile in vigore al 1 gennaio di ogni anno (34.150 euro nel 2022).

Se l’assegno così decurtato resta superiore al trattamento minimo (circa 525 euro al mese) la quota che lo supera può subire un “secondo taglio” se l’anzianità contributiva è inferiore a 40 anni.

La riduzione aggiuntiva varia a seconda della provenienza del reddito - cioè se è da lavoro dipendente o autonomo. Nel primo caso è pari al 50% della quota oltre il trattamento minimo, fermo restando che la decurtazione non può superare il reddito.

Per gli autonomi, la riduzione è pari al 30% della quota che eccede il minimo e comunque non può essere superiore a questa percentuale.

Nel caso di lavoro dipendente, la riduzione non scatta se il reddito conseguito è inferiore al trattamento minimo Inps. E in due altri casi: se il lavoratore è impiegato in contratti a termine la cui durata non superi le 50 giornate nell'anno solare, oppure per i redditi che derivano da attività svolte nell'ambito di programmi di reinserimento degli anziani in attività socialmente utili promosse da enti locali e altre istituzioni pubbliche e private. A questo fine, l’Inps spiega che gli interessati dovranno comunicare al datore di lavoro di essere pensionati, perché l'azienda possa applicare le relative trattenute sullo stipendio pari all’importo della quota di assegno non dovuta. In caso di lavoro autonomo, la dichiarazione a preventivo 2022 potrà essere resa mediante una domanda di ricostituzione reddituale.

 

Quota 102. Quota 102, pur essendo una pensione di anzianità, prevede uno speciale regime di incumulabilità. Fino al compimento dell’età di vecchiaia (cioè 67 anni) il titolare non può abbinarla con redditi da lavoro dipendente o autonomo, a eccezione di quelli occasionali nel limite di 5.000 euro lordi annui. Pena la sospensione del trattamento pensionistico.

L'Inps spiega che anche i giornalisti dovranno dichiarare all’Inps di non percepire redditi non cumulabili al momento in cui vanno in pensione.

 

Precoci. Anche il trattamento di anzianità con 41 anni di contributi (a prescindere dall’età anagrafica) previsto per i lavoratori precoci in particolari condizioni (disoccupati, invalidi, caregiver, addetti a mansioni gravose) non è cumulabile con i redditi da lavoro dipendente, autonomo o d’impresa fino al raggiungimento (teorico) dell’anzianità contributiva utile alla pensione anticipata, cioè 42 anni e dieci mesi per gli uomini e 41 anni e dieci mesi le donne.