PROFESSIONISTI IN PENSIONE
Anche i liberi professionisti (in passato piuttosto tutelati nella loro particolarità), hanno subito i numerosi cambiamenti della riforma Monti-Fornero. Il nuovo sistema previdenziale disegnato alla fine del 2011, infatti, ha modificato anche per loro i requisiti per abbandonare l’attività lavorativa.
Così anche medici, commercialisti, ingegneri e molte altre categorie professionali hanno dovuto fare i conti con il passaggio dal sistema retributivo (che stabiliva l’importo dell’assegno previdenziale sulla media dei redditi degli ultimi 15 anni di attività), al contributivo, che, invece, viene calcolato sui ciò che è stato effettivamente versato sull’intero arco della carriera. Soprattutto, hanno dovuto accettare l’innalzamento dell’età anagrafica minima per accedere alla pensione. Se fino alla fine del 2011 i liberi professionisti potevano conquistarsi il diritto alla pensione di vecchiaia a 60 anni, dal primo gennaio 2012 devono aspettare i 63 anni e sei mesi. E il requisito minimo, valido per tutti, è rappresentato da 20 anni di contribuzione. I liberi professionisti, un esercito di quasi 2 milioni di persone, si sono piegati anche ad altre drastiche novità del settore previdenziale.
Per esempio quella dell’adeguamento alla speranza di vita, un principio che permetterà di ricevere l’assegno pensionistico ben oltre i 70 anni. Con la necessità di adeguare l’abbandono dell’attività lavorativa all’aumento della vita media, infatti, in base ai dati forniti dall’Istat con cadenza biennale, è già sicuro che fino al 2024 si andrà in pensione non prima dei 67 anni. Ma, secondo gli esperti del settore, entro la metà di questo secolo è quasi certo che si arriverà a oltre 70 anni. E, particolare non di poco conto, con un assegno che, nonostante il generale aumento della contribuzione da versare alla propria cassa di previdenza, nella maggior parte dei casi sarà circa il 40%-50% dell’ultimo reddito.