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RIFORMA DELLE PENSIONI, NUOVO GIRO DI COLLOQUI GOVERNO-SINDACATI

Al termine dell’incontro tra il ministro del Lavoro Marina Calderone e i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil per discutere sulla riforma delle pensioni si registrano posizioni molto diverse.

La bozza di intervento presentata dal ministro è stata subito bocciata sia dal leader della Cgil, Maurizio Landini - che bolla il tutto come “incontro inutile” - sia dal segretario Uil, Pierpaolo Bombardieri - che riassume la riunione dicendo che “ci sono solo affermazioni di principio”.

Una linea opposta, o quasi, a quella del segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, che al termine dell’incontro, indica come “fatto estremamente positivo aver riallacciato il dialogo con il governo sulla riforma del sistema pensionistico”.

 

Sindacati divisi. La lontananza di vedute tra rappresentanti dei lavoratori è evidente. E in qualche modo la spaccatura potrebbe agevolare l’esecutivo. Ma la partita della riforma della previdenza resta per la coalizione di governo un dossier cruciale. In assenza di soluzioni per il superamento di Quota 103 e di una riforma della legge Fornero, oltre che di risposte su misure come Opzione Donna ed esodi incentivati, il tema pensioni rischia di diventare molto più insidioso di quanto non lo sia in questi giorni la ratifica del Mes.

 

Quota 103 e Opzione Donna. Al momento l’ipotesi principale ruota intorno alla riconferma, almeno per tutto il 2024, di Quota 103 (62 anni di età e 41 di contribuzione). In alternativa, al ministero del Lavoro viene valutata l’idea di Quota 41. E cioè, la possibilità, cioè di andare in pensione una volta maturati 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica. Ma a condizione di conteggiare l’assegno pensionistico interamente su base contributiva, anche in caso di diritto al calcolo retributivo.

Per Opzione donna viene quasi escluso il ripristino della misura con i requisiti previsti fino al giro di vite introdotto con l’ultima legge di Bilancio (legato al numero dei figli). Ma l’obiettivo è congegnare un nuovo strumento che consenta alle donne di lasciare in anticipo il mondo del lavoro.

 

Le prospettive. Nell’incontro, il ministro Calderone ha fornito ai sindacati quello che, una volta, si sarebbe detto un quadro programmatico. Cioè un elenco di interventi che il governo si ripromette di adottare senza, per ora, scendere nei dettagli tecnici. Né tanto meno indicando l’ordine di grandezza delle risorse a disposizione per finanziare le misure. Il vero banco di prova sarà come sempre in autunno in sede di elaborazione della legge di Bilancio. E, soprattutto, la Nota di aggiornamento del documento di Economia e Finanza, che fornirà l’entità delle risorse su cui contare per affrontare la riforma.

 

Le certezze. Nel frattempo, nella lista illustrata da Calderone figurano, per esempio, il tema della flessibilità in uscita, l’ampliamento della platea relativa all’Ape sociale, la deducibilità delle misure di welfare, la pensione contributiva per giovani e donne. Un tema in particolare è stato discusso anche con i rappresentanti delle imprese, che Calderone ha visto poco prima di incontrare i sindacati: l’idea di uno strumento unico per disciplinare gli esodi incentivati.

 

Carenza di risorse. Ma lo scoglio, anche in questo caso, è legato alla capacità di finanziare una norma del genere da parte pubblica. Al momento le soluzioni per uscire in anticipo dal mondo del lavoro sono tre: l’isopensione, i contratti di espansione (molto costosi per i conti pubblici) e gli assegni ad personam nell’ambito di negoziati aziendali.

Nelle prossime settimane, intanto, il ministro Calderone punta a dare consistenza al cronoprogramma da seguire per tracciare, entro settembre, un quadro dettagliato dei punti illustrati nel tavolo sindacale. Una serie di incontri tecnici per dimostrare che il dialogo con le parti sociali è stato utile e non un “gioco dell’oca”, come accusa la Cgil.