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RIFORMA DELLE PENSIONI, LE MISURE IN DISCUSSIONE

Pensioni: riforma sì, riforma no. Su questa materia il Governo Draghi ha più volte cambiato opinione. Qualche settimana fa il Ministro del Lavoro Andrea Orlando, aveva dichiarato la volontà dell’Esecutivo di non intervenire a breve termine sul tema previdenza.

Il pressing dei sindacati e dell’opposizione si è però fatto sentire. E le più recenti dichiarazioni del Ministro hanno chiaramente rivelato che invece il Governo sta lavorando a una riforma.  E che alcune modifiche saranno addirittura introdotte prima della scadenza di Quota 100, il 31 dicembre), in modo da creare un'alternativa valida e una soluzione al problema del cosiddetto “scalone dei cinque anni.

 

La posizione dei sindacati. Il pressing dei sindacati per modificare al più presto il sistema pensionistico è dovuto al fatto che dal 2022, le uniche possibilità di lasciare il lavoro, diventerebbero la pensione di vecchiaia a 67 anni prevista dalla legge Fornero, oppure la pensione anticipata (42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 e 10 mesi per le donne), con la conseguenza appunto dello scalone di cinque anni rispetto ai requisiti di Quota 100, che sino al 31 dicembre consente il ritiro in forma anticipata con 62 anni di età e 38 anni di contribuzione.

Il disegno di riforma tracciato dai sindacati prevede due alternative per il lavoratore e cioè l’uscita a 62 anni, con requisiti contributivi su cui ancora si discute, oppure con 41 anni di contributi senza requisiti di età. E cioè con Quota 41.

 

La reazione del Governo. Le proposte sindacali sono state in parte ben recepite dal Governo, soprattutto per quanto riguarda Quota 41. La possibilità di un pensionamento anticipato a 62 anni di età rimane al centro delle battaglie sindacali. Ma gli esponenti governativi, che speravano di liberarsi per sempre da Quota 100 e tutto ciò che le somiglia, in primis Draghi, rimangono scettici verso questa alternativa.

Soprattutto, il mancato accordo risale alla volontà sindacale di cambiare le modalità di calcolo dell’importo dell’assegno pensionistico per le uscite anticipate. Da parte sua, il governo spinge perché si eliminino queste “misure dispendiose” e che sarebbero una continuazione di Quota 100.

Al contrario il Ministro Orlando, che ha dato la sua disponibilità a valutare la riforma e soprattutto la proposta sindacale, ha dimostrato un’apertura verso la possibilità di una Quota 41 introdotta a ridosso della scadenza di Quota 100. A differenza dell’uscita a 62 anni, inoltre, Quota 41 gode anche del plauso del Ministero dell’Economia: il sottosegretario Claudio Durigon, per esempio, ha dichiarato che secondo lui questa sarebbe la scelta migliore.

 

Ape sociale. Accanto a questa manovra generalizzata sembra ormai anche certo che due misure in scadenza nel 2021 saranno, con ottima probabilità, prorogate per il 2022, cioè Ape sociale e Opzione donna. Il primo è un sussidio pensionistico che si assegna ai lavoratori in alcune condizioni (un caso è quello dei lavori gravosi) se hanno compiuto 63 anni di età e maturato dai 30 ai 36 di contributi.

 

Opzione donna. Un’altra misura che dovrebbe essere prorogata anche nel 2022 e potrebbe diventare strutturale è Opzione donna rivolta alle lavoratrici a cui l’uscita dal lavoro è concessa con 35 anni di contributi e 58 o 59 anni, a seconda se dipendenti o autonome. Ma per le lavoratrici potrebbe esserci un’altra grande novità cioè “Quota Mamma”, altra proposta sindacale, che prevede un bonus contributivo di 12 mesi per ogni figlio. In sostanza, le lavoratrici madri avrebbero la possibilità, con pensione di tipo retributivo contributivo, di andare in pensione un anno prima per ogni figlio avuto, e senza che l’importo della pensione sia ridotto.

 

La proposta dell’Inps. Bocciata a quanto pare, da sindacati e governo, la proposta di riforma delineata dal presidente dell’Inps Pasquale Tridico. Secondo quest’ultimo, per migliorare il sistema, si sarebbe dovuto sdoppiare l’assegno, con un tipo di pensione mista che avesse requisiti diversi per la parte contributiva e retributiva. Questa proposta ha l’obiettivo di realizzare la staffetta generazionale: creare cioè una graduale uscita dal lavoro, con la riduzione progressiva delle ore, in modo da favorire l’ingresso di personale giovane.

 

Questione di soldi. Sono tante le opzioni sul piatto, che però rischiano di incagliarsi come sempre sullo scoglio dei costi. Come ricostruisce il quotidiano economico “il Sole 24ore”, nel Def (Documento di economia e finanza) recentemente presentato dal Governo, viene rilevato come la spesa previdenziale rimanga elevata anche per le ricadute di Quota 100.

Anche senza nuove deroghe o correzioni alla legge Fornero, le uscite previdenziali tornerebbero a correre già dal 2026 “andando a raggiungere nel 2036 un picco di spesa del 17,4% del Pil”. Quest’andamento va nella direzione opposta delle raccomandazioni di Bruxelles, in pressing da tempo sulla sostenibilità nel medio periodo del nostro sistema.

 

www.inps.it