CLOSE

This website uses cookies. By closing this banner or browsing the website, you agree to our use of cookies. CLOSE

QUOTA 100, IL LAVORATORE PUÒ POSTICIPARE LA PENSIONE

La pensione con Quota 100 rimarrà in essere sino al 2021 anche con il nuovo Governo? E’ troppo presto per rispondere all’interrogativo. Intanto in materia si registra un recente intervento dell’Inps (circolare n. 117/2019), con l’introduzione di una “decorrenza flessibile”. Il lavoratore, infatti, ha facoltà di posticipare la liquidazione dell’assegno pensionistico a una data posteriore a quella di maturazione del diritto. Questo torna utile, tra l'altro, per evitare d'incappare nella tagliola dell'incumulabilità con eventuali redditi di lavoro dipendente e autonomo. Ma vediamo meglio le precisazioni dell’Istituto.

La decorrenza. Per la pensione quota 100, che, fino al 31 dicembre 2021, consentirà di mettersi a riposo con 38 anni di contributi a 62 anni d'età, è prevista una particolare disciplina sulla decorrenza (le famose finestre). Per l'Inps, la rigidità delle decorrenze vieta di anticipare il pensionamento ma non preclude la possibilità di posticiparlo.

Pertanto, il lavoratore del settore privato (la facoltà è preclusa, invece, ai dipendenti pubblici), può esprimere, nella domanda di pensione, la volontà di differire la decorrenza della pensione a una data certa, posteriore alla data della prima decorrenza utile. In questo caso, aggiunge la circolare, il reddito da lavoro percepito prima della data di decorrenza della pensione fissata dall'interessato, riferito ad attività di lavoro svolta entro la stessa data, non rileverà ai fini dell'incumulabilità della pensione quota 100.

Un esempio. Se un lavoratore iscritto alla gestione separata fa domanda per la pensione quota 100 nel corso di questo mese di settembre 2019, avendo come prima decorrenza utile della pensione dicembre 2019, ma esprime la volontà di differirne la decorrenza a gennaio 2020, il reddito da lavoro a qualsiasi titolo percepito fino al mese di dicembre non rileverà ai fini dell'incumulabilità. Quale caso concreto di convenienza di tale scelta l'Inps porta l'esempio degli agenti di commercio, che possono trovare utile differire la decorrenza della pensione perché tenuti, per accordo collettivo, a lavorare durante il periodo di preavviso.

Il lavoro all'estero. Riguardo al requisito contributivo per la “pensione quota 100” (almeno 38 anni di contributi), la nota spiega che può essere perfezionato anche con contributi esteri non coincidenti di paesi cui si applicano i regolamenti Ue in materia di sicurezza sociale e di Paesi extra Ue (Stati Uniti, Argentina, Brasile, ecc.) che sono legati all'Italia da convenzioni, che prevedono la totalizzazione. In questi casi, però, la totalizzazione è possibile soltanto se risulti perfezionato in Italia il minimale di contribuzione previsto dalle norme Ue (ossia 52 settimane) o dalle singole convenzioni.

Il ricorso ai contributi esteri, aggiunge l'Inps, è possibile anche nel caso in cui la “pensione quota 100” sia richiesta con il cumulo, a patto che almeno una delle gestioni interessate a tale cumulo rientri nel campo di applicazione della convenzione. Un esempio. Chi richiede la pensione quota 100 in cumulo, facendo valere in Italia periodi nella gestione privata (25 anni) e in quella pubblica (10 anni), in aggiunta a periodi maturati in Usa (3 anni), può conseguire la pensione quota 100 (38 anni) valorizzando questi ultimi periodi, poiché la gestione privata, diversamente dalla gestione pubblica, applica il regime convenzionale.

La contribuzione estera viene considerata, precisa ancora l'Istituto, anche nelle ipotesi in cui abbia già dato luogo alla liquidazione di una pensione estera, ma non anche nel caso in cui abbia già dato diritto a una pensione italiana. In altre parole, la titolarità di una pensione estera non preclude la possibilità di avvalersi della “pensione quota 100”; al contrario, l’impedisce la titolarità di una pensione italiana in regime di convenzione internazionale.

 

www.inps.it

Leonardo Comegna