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PREVIDENZA: L’ASSEGNO SOCIALE COMPIE 50 ANNI

Il 30 aprile la pensione sociale ha compiuto 50 anni, e non li dimostra. Sono circa 850 mila i beneficiari dell’assegno sociale, per lo più donne che non hanno mai lavorato.  La pensione prevista originariamente per gli ultrasessantacinquenni sprovvisti di reddito, partendo dalle 12 mila lire del 1969, ha raggiunto i 458 euro mensili nel 2019.

Non è certamente una grossa cifra, ma bisogna tener conto che si tratta pur sempre di una rendita assistenziale, basata sullo stato di bisogno del cittadino anziano, e non già su una contribuzione accumulata nel tempo. Dal 1996, in seguito alla riforma Dini (legge n. 335/1995) la pensione sociale ha cambiato il nome in “assegno sociale”, mantenendo sostanzialmente le finalità di origine: ossia uno degli strumenti con cui l’ordinamento dà attuazione all’obbligo, di rango costituzionale, di alleviare lo stato di bisogno degli anziani che versino in condizioni d’indigenza.

 

Chi ne ha diritto.  L’assegno sociale è anzitutto rivolto ai cittadini italiani che abbiano compiuto una determinata età. Il requisito anagrafico, come succedere per tutte le pensioni, è sottoposto all’adeguamento demografico (la cosiddetta speranza di vita).  Risultato: dal primo gennaio 2019 è passato a 67 anni, come previsto per la pensione di vecchiaia ordinaria, ossia quella maturata sulla base di versamento di contributi.

Ai fini della sua fruizione, ai cittadini italiani sono equiparati gli stranieri che si trovino nelle condizioni di seguito riepilogate:

1) stranieri o apolidi cui è stata riconosciuta la qualifica di “rifugiato politico” e lo “status di protezione sussidiaria” e i rispettivi coniugi ricongiunti;

2) stranieri extracomunitari o apolidi titolari di “carta di soggiorno”;

3) cittadini comunitari e i loro familiari a carico, che soggiornano in Italia per un periodo superiore ai tre mesi, oltre il quale hanno l’obbligo di iscrizione all’anagrafe del comune di residenza e i cittadini della Repubblica di San Marino residenti in Italia.

Dal primo gennaio 2009, inoltre, è richiesta una ulteriore condizione co­stituita dal soggiorno legale, in via continuativa, per almeno dieci anni in Italia.

 

Importo. Come accennato, quest’anno l’assegno sociale è pari a 457,99 euro al mese (era di 453 euro nel 2018), equivalenti a 5.953,87 all’anno. L’Inps lo corrisponde in misura intera a chi non ha alcun reddito, e in misura proporzionalmente ridotta a chi ha redditi propri, ma inferiori a 5.954 euro.

Non si ha diritto ad alcuna prestazione se si supera questa soglia. In pratica, l’assoluta mancanza di reddito dà diritto a un assegno mensile di 458 euro. Il possesso di un reddito – per esempio 1.000 euro annui – dà diritto a un assegno mensile di 450,30 euro, pari alla differenza tra 5.954 (limite previsto) e mille euro (reddito proprio), il tutto diviso 13, ossia il numero delle rate pagate nell’anno. Mentre un reddito annuo superiore a 5.954 non dà diritto ad alcuna prestazione.

Se chi richiede l’assegno sociale è sposato, si considerano anche i redditi del coniuge: in questo caso il limite si raddoppia (11.908 euro).

Con un reddito complessivo (di entrambi i coniugi) superiore a questa cifra non è possibile ottenere l’assegno mensile, mentre in presenza di redditi (sempre di entrambi i coniugi) d’importo compreso tra 5.954 e 11.908 si ha diritto a un assegno proporzionalmente ridotto.

 

I redditi da considerare.  Ai fini del diritto all’assegno sociale, per reddito s’intende tutto ciò che il soggetto richiedente e il proprio coniuge possiedono in via continuativa. Compresi i redditi esenti da Irpef (per esempio la pensione di guerra) e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o a imposta sostitutiva (vincite, interessi bancari, titoli ecc.), nonché gli assegni alimentari corrisposti a norma del Codice civile.

Non contano, invece il reddito derivante dalla casa di proprietà, purché direttamente abitata dal richiedente,  i trattamenti ricevuti a titolo di liquidazione per fine rapporto di lavoro (il Tfr per esempio) e le competenze arretrate soggette a tassazione separata.

Non vanno inoltre considerati i proventi provenienti da alcune forme assistenziali: le indennità di accompagnamento, gli assegni per l’assistenza personale continuativa erogati dall’Inail per invalidità permanente assoluta, gli assegni per l’assistenza personale e continuativa pagati dall’Inps ai pensionati per inabilità, l’indennità di comunicazione per i sordomuti.

 L’assegno sociale può essere ridotto se il titolare è ricoverato in istituti o comunità con rette a carico dello Stato. Trattandosi di una prestazione assistenziale, l'assegno non è soggetto alle trattenute Irpef. Non è reversibile ai familiari superstiti ed è “inesportabile”, quindi non può essere erogato all'estero. Se il soggiorno all'estero del titolare dura più di trenta giorni, l'assegno viene sospeso; se si prolunga per più di un anno viene invece revocato.

 

www.inps.it

Leonardo Comegna