PENSIONI, TUTTE LE NOVITÀ DELLA LEGGE DI BILANCIO
Chi pensava che la riforma delle pensioni attuata dal governo Monti alla fine del 2011 (con l’articolo 24 della legge 214/2011) sarebbe stata l'ultima e definitiva correzione del sistema previdenziale si è sbagliato. Da allora i ritocchi e gli aggiustamenti si sono susseguiti quasi ininterrottamente. E un piccolo pacchetto previdenza non poteva certo mancare nella manovra economica 2023.
Le novità. Prima novità: la legge di bilancio approvata dal parlamento con il voto di fiducia ha superato definitivamente Quota 102, sostituendola con Quota 103. Ma ha anche prorogato Opzione donna, con una modifica legata al numero dei figli, e l’Ape sociale.
La modifica più importante, e più discussa, è la fine di Quota 100 e 102, che continueranno comunque a vivere, poiché chi ne ha diritto potrà sfruttarlo in qualsiasi momento successivo all’apertura della finestra.
Il Bonus Maroni. Tra le novità 2023 va annoverato anche il cosiddetto Bonus Maroni. I lavoratori dipendenti che abbiano maturato i requisiti minimi previsti per l'accesso al trattamento di pensione anticipata flessibile (così è stata etichettata la formula del ritiro anticipato dal lavoro), possono rinunciare all'accredito della quota dei contributi a proprio carico. Di conseguenza, viene meno ogni obbligo di versamento contributivo da parte del datore di lavoro della quota a carico del lavoratore.
In altri termini l'azienda, sulla retribuzione mensile del proprio dipendente, pari per esempio a 2.500 euro, invece che versarli all’Inps 229,75 (il 9,19%) li aggiunge direttamente sulla busta paga dell’interessato.
La pensione di vecchiaia nel 2023-2024. Fino al 31 dicembre 2024, non ci sarà nessun aumento dell’età pensionabile perché non si creerà il programmato incremento della “speranza di vita” dal 1 gennaio 2023. Di conseguenza, l’età richiesta per la pensione di vecchiaia resta ferma a 67 anni.
La notizia, positiva per gli aspiranti pensionati, è giunta dal decreto del Mef del 27 ottobre. Dove viene certificata una variazione Istat negativa (-0,25 all'anno, pari a tre mesi) registrata dalla popolazione residente all'età di 65 anni. Questa corrisponde alla differenza tra la media dei valori registrati negli anni 2019 e 2020 e 2017 e 2018 (per l'effetto del Covid-19).
Dal momento che la normativa (legge n. 122/2010) stabilisce che l'adeguamento dei requisiti per il pensionamento non può essere negativo (praticamente non si può tornare indietro), il decreto di cui parliamo conferma per altri due anni gli attuali requisiti. Si tratta complessivamente del quinto adeguamento, dopo i precedenti: più tre mesi nel 2013, più quattro mesi nel 2016, più cinque nel 2019 e nel 2021 (adeguamento che è stato nullo). Pertanto, per la seconda volta dopo il biennio 2021-2022, il meccanismo non farà registrare alcun incremento.
Per i “contributivi puri”, chi ha iniziato il lavoro dopo il 31 dicembre 1995, viene dunque convalidato sino al 2024 il canale di uscita a 64 anni con 20 anni di versamenti. A condizione che il rateo pensionistico non risulti inferiore a 2,8 volte (1.410 nel 2023) il valore dell’assegno sociale e quello a 71 anni con un minimo di cinque anni di contribuzione effettiva. Il mancato adeguamento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia comporta poi la non variazione sino al 2024 di quelli per l'assegno sociale, che resta “congelato” a 67 anni.
Decorrenza |
Requisito |
|
Uomini |
Donne |
|
01/01/18 |
66 anni e 7 mesi |
66 anni e 7 mesi |
2019-2020 |
66 anni e 11 mesi |
66 anni e 11 mesi |
2021 |
67 anni e 2 mesi |
67 anni e 2 mesi |
2022-2024 |
67 anni |
67 anni |
Conferme. Il minimo contributivo che dà diritto alla pensione di vecchiaia è confermato a 20 anni. La legge Amato però, aveva stabilito eccezioni a favore di alcune categorie che hanno beneficiato del vecchio minimo di 15 anni, cioè coloro che al 31 dicembre 1992 avevano già maturato il requisito precedente e chi, sempre a quella data, era autorizzato alla prosecuzione volontaria.
Lavori usuranti. La fatica anticipa la pensione. Ma dopo la riforma Fornero, meno di quanto molti lavoratori impegnati in lavori usuranti si aspettassero. Anche in questo caso, infatti, i requisiti sono stati inaspriti (con adeguamento demografico) facendo in buona sostanza rivivere il sistema delle quote, abolito per gli altri lavoratori, nonché la “finestra mobile” che costringe l’aspirante pensionato a un anno in panchina.
Chi svolge un'attività usurante può comunque andare in pensione prima. Si tratta di una particolare disciplina che prevede una deroga alle regole ordinarie sul ritoro dal lavoro. Ne possono fruire solo i dipendenti in possesso del requisito di anzianità contributiva non inferiore a 35 anni, che rientrino in una delle seguenti categorie:
a) impegnati in mansioni particolarmente usuranti (lavori in galleria, asportazione di amianto, eccetera);
b) turnisti che prestano la loro attività nel periodo notturno per almeno sei ore per un numero minimo di giorni lavorativi all'anno non inferiore a 64 e coloro che operano per almeno tre ore nell'intervallo tra la mezzanotte e le 5 del mattino per periodi di lavoro di durata pari all'intero anno lavorativo;
c) addetti alla cosiddetta “linea catena” che operano all'interno di un processo produttivo in serie, contraddistinto da un ritmo collegato a lavorazioni o a misurazione di tempi di produzione;
d) conducenti di veicoli, di capienza complessiva non inferiore a nove posti, adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo.
Il diritto al trattamento pensionistico anticipato è però riconosciuto solo nel caso in cui l’interessato abbia svolto una di quelle attività lavorative per un periodo di tempo pari ad almeno sette anni negli ultimi dieci (alla metà della vita lavorativa complessiva, per le pensioni con decorrenza dal 1 gennaio 2018).
Lavori usuranti o notturni con più di 77 notti durante l’anno |
||||||
Anno |
Dipendenti |
Autonomi |
||||
Età |
Contributi |
Quota |
Età |
Contributi |
Quota |
|
2017-2026 |
61 e 7 mesi |
35 anni |
97,6 |
62 e 7 mesi |
35 anni |
98,6 |
Lavori notturni da 72 a 77 notti durante l’anno |
||||||
Anno |
Dipendenti |
Autonomi |
||||
Età |
Contributi |
Quota |
Età |
Contributi |
Quota |
|
2017-2026 |
62 e 7 mesi |
35 anni |
98,6 |
63 e 7 mesi |
35 anni |
99,6 |
Lavori notturni da 64 a 71 notti durante l’anno |
||||||
Anno |
Dipendenti |
Autonomi |
||||
Età |
Contributi |
Quota |
Età |
Contributi |
Quota |
|
2017-2026 |
63 e 7 mesi |
35 anni |
99,6 |
64 e 7 mesi |
35 anni |
100,6 |
A partire dal 2017, la finestra mobile che faceva slittare di un anno (18 mesi per gli autonomi) la decorrenza del trattamento, è stata soppressa. |
La pensione anticipata (ex anzianità). Nessuna novità anche per la pensione anticipata (l’ex anzianità) che con il decreto legislativo 4/2019 (la norma che ha introdotto Quota 100) continua a beneficiare dell'esenzione dall'applicazione degli adeguamenti alla speranza di vita sino al 31 dicembre 2026. I requisiti contributivi resteranno dunque pari a 42 anni e dieci mesi di contributi per gli uomini, 41 anni e dieci mesi per le donne.
Quota 103. Quota 100 ha ballato solo tre anni e con un successo inferiore alle aspettative. Gli alti costi per il bilancio pubblico hanno spinto il governo a decretarne la fine dopo un triennio sperimentale sostituendola con Quota 102.
La manovra economica 2023 ha previsto che solo per quest’anno sia possibile anticipare il pensionamento al raggiungimento di un’età anagrafica di almeno 62 anni e di un’anzianità contributiva minima di 41 anni. Formula definita pensione anticipata flessibile.
Quota 103, ha spiegato il governo, è concepita come una norma ponte, valida solo per il 2023, in attesa di una riforma più strutturale dell’intero sistema.
Con Quota 103 restano anche le “finestre”. La decorrenza della pensione, infatti, è stabilita dal primo giorno del trimestre successivo a quello di maturazione dei requisiti. Fatte salve le norme particolari previste per i dipendenti pubblici (semestre successivo) e il personale scolastico (1 settembre).
Quota 103, come le formule precedenti, non è cumulabile fino alla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia, con i redditi da lavoro. A eccezione dei redditi derivanti da “lavoro autonomo occasionale”, nel limite di 5.000 euro lordi annui.
Precoci. Così come il requisito dei 41 anni, indipendentemente dall’età, per i “lavoratori precoci”, coloro cioè che possono contare su almeno 12 mesi di contribuzione versata prima del compimento del diciannovesimo anno di età. Prestazione che però sconta la finestra mobile di tre mesi dalla maturazione dei requisiti (sei per i dipendenti pubblici).
Nulla di nuovo anche per i “notturni” e gli “usuranti”, che continuano ad andare in pensione con le vecchie “quote” (decreto legislativo numero.67/2011). Anche nei loro confronti il legislatore aveva già previsto la sospensione degli adeguamenti sino a tutto il 2026.
Opzione donna. Un segnale di riguardo verso le donne con alle spalle un lungo percorso lavorativo l’aveva dato la riforma Maroni del 2004. Il decreto Salva Italia del 2011 e le leggi di bilancio successive ne hanno poi confermato i contenuti, sia pure con un piccolo giro di vite.
Opzione donna sarebbe dovuta rimanere in vigore fino al 2022 ma l’ultima legge di bilancio l’ha confermata anche per le lavoratrici dipendenti e autonome nate rispettivamente nel 1964 e nel 1965.
Conciliare lavoro e famiglia. Nel 2023 la forma agevolata di pensionamento non sarà più libera, come in passato. Il diritto al trattamento pensionistico anticipato si applica, infatti, nei confronti delle lavoratrici che entro il 31 dicembre 2022 hanno maturato un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un'età di 60 anni, ridotta di uno per ogni figlio nel limite massimo di due anni, e che si trovano in una delle seguenti profili di tutela:
a) svolgono assistenza al momento della richiesta di prepensionamento e da almeno sei mesi al coniuge o a un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità (articolo 3, comma 3, della legge 104/1992). Cioè un parente o un affine di secondo grado convivente se i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità hanno compiuto i 70 anni, hanno patologie invalidanti o sono deceduti o mancanti;
b) soffre una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle commissioni competenti per il riconoscimento dell'invalidità civile, almeno pari al 74%;
c) è lavoratrice licenziata o dipendente da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale. In questo caso, l’agevolazione si applica a prescindere dal numero dei figli.
La finestra. Rimane confermato il meccanismo stabilito con la legge del 2010 (la numero 122), csecondo cui il primo assegno pensionistico viene ricevuto 12 mesi (18 mesi le autonome) dopo la maturazione dei requisiti. L’ormai famosa “finestra”.
Calcolo della rendita. Il pensionamento anticipato attraverso Opzione donna richiede l'applicazione del meno vantaggioso calcolo contributivo dell'intero assegno Inps. Il vantaggio dell'uscita anticipata si traduce quindi in molti casi in un taglio della misura della pensione. Decurtazione direttamente proporzionale all’anticipo: in media il taglio arriva al 25%-35% della pensione calcolata con il criterio retributivo o misto. Comunque si tratta di una riduzione che varia in funzione dell'età della lavoratrice e delle caratteristiche di carriera, retribuzione e anzianità contributiva maturata alla data del pensionamento anticipato.
Diritto acquisito. Se i requisiti sono stati maturati entro il 31 dicembre 2022 è possibile esercitare comunque l'opzione in qualsiasi momento successivo.
Si tratta di una facoltà da tenere a mente, perché ha risvolti anche sull'assegno. In questa circostanza la dilatazione dell'uscita comporta, infatti, un aumento della pensione.
L’Ape sociale. Rinnovata anche la misura che consente il pensionamento anticipato. Fino al 31 dicembre 2023, dunque, ai lavoratori che al compimento dei 63 anni aderiscono all’Ape (anticipo pensionistico), è riconosciuta un'indennità per una durata pari al periodo compresi tra la data di accesso al beneficio e il conseguimento dell’età richiesta per la pensione di vecchiaia. E' l'altrettanto famosa Ape sociale.
L’indennità è pari all'importo della rata della pensione calcolata al momento dell'accesso alla prestazione (non soggetta a rivalutazione), e non può superare l'importo massimo mensile di 1.500 euro. La speciale indennità spetta a condizione che l’interessato:
a) assista, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità e sia in possesso di un'anzianità contributiva di almeno 30 anni;
b) dimostri una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle commissioni competenti per il riconoscimento dell'invalidità civile, almeno pari al 74% e sia in possesso di un'anzianità contributiva di almeno 30 anni;
c) sia lavoratore dipendente, al momento della decorrenza dell'indennità, che svolga da almeno sette anni negli ultimi dieci o almeno sei anni negli ultimi sette di attività per le quali è richiesto un impegno difficoltoso e rischioso e anzianità contributiva di almeno 36 anni.
Si tratta di: conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante o di mezzi pesanti e camion; lavoratori delle professioni sanitarie infermieristiche e ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni; addetti all'assistenza personale di persone in condizioni di non autosufficienza; insegnanti della scuola dell'infanzia e educatori degli asili nido.
Le pensioni del 2023
Pensione |
Requisito contributivo |
Età richiesta |
Finestra |
Vecchiaia ordinaria * |
20 anni |
67 anni |
No |
Vecchiaia giovani ** |
5 anni |
71 anni |
No |
Vecchiaia lavori gravosi e usuranti |
30 anni |
66 anni e 7 mesi |
No |
Vecchiaia in totalizzazione |
20 anni |
66 anni |
18 mesi |
Anticipata uomini |
42 anni e 10 mesi |
Qualsiasi |
3 mesi |
Anticipata donne |
41 anni e 10 mesi |
Qualsiasi |
3 mesi |
Anticipata in totalizzazione |
41 anni |
Qualsiasi |
21 mesi |
Anticipata giovani ** |
20 anni |
64 anni |
No |
Anticipata “Quota 103” *** |
41 anni |
62 anni |
3 mesi |
Anticipata “precoci” |
41 anni |
Qualsiasi |
3 mesi |
“Opzione donna” **** |
35 anni *** |
60 anni ***** |
12 mesi (18 mesi autonome) |
* tutti ** cittadini privi di anzianità assicurativa al 31 dicembre 1995 *** entro il 31 dicembre 2022 **** entro il 31 dicembre 2022 ***** ridotta di un anno per ogni figlio nel limite massimo di due anni |
Sistemi di calcolo della rendita. Gli ultimi ritocchi al sistema previdenziale non si sono concentrati solo sul rialzo dell’età della vecchiaia e sulla riduzione delle possibilità di accesso alla pensione di anzianità, ma hanno parzialmente modificato anche il sistema di calcolo con l’estensione del sistema contributivo a tutti. Dal 2012, infatti, anche per i lavoratori anziani - almeno 18 anni di versamento entro il 1995 - si applica questo regime, già in vigore per i più giovani.
La riforma non incide, invece, sui meccanismi di calcolo della quota retributiva che continuerà a dipendere dagli stipendi o dai redditi degli ultimi anni di lavoro.
Anzianità contributiva |
Sistema di calcolo |
Almeno 18 anni al 31 dicembre 1995 |
Misto: retributivo per l’anzianità acquisita sino al 2011 e contributivo per l’anzianità acquisita dal 1 gennaio 2012 |
Meno di 18 anni al 31 dicembre 1995 |
Misto: retributivo per l’anzianità acquisita sino al 1995 e contributivo per l’anzianità acquisita dal 1° gennaio 1996 |
Nessuna al 31 dicembre 1995 |
Contributivo: sulla base di tutta la contribuzione versata nell’intero arco della vita lavorativa |
Lo spartiacque del 1995. Dopo la riforma Dini, il sistema di calcolo della pensione si differenzia in base all’anzianità maturata al 31 dicembre 1995:
• per chi poteva contare su almeno 18 anni di contribuzione si applica il tradizionale criterio retributivo (ora limitato all’anzianità acquisita sino al 31 dicembre del 2011), legato agli stipendi degli ultimi anni. Ai fini della pensione, ogni anno di lavoro vale il 2%;
• per chi aveva meno di 18 anni di contributi, il criterio utilizzato è il misto. E cioè retributivo per l’anzianità maturata sino al 1995 e contributivo per i periodi di attività successivi;
• per i nuovi assunti dal primo gennaio 1996, si applica invece il solo criterio contributivo, strettamente collegato al valore della contribuzione versata.
La quota retributiva. A beneficiare della quota retributiva sono i pochi anziani rimasti. Questo criterio, definitivamente soppresso dal 1 gennaio 2012, si basa su due elementi: il numero degli anni di contribuzione e la media delle retribuzioni, aggiornate, riferite all’ultimo periodo di attività lavorativa.
L’ammontare della pensione è pari al 2% del reddito pensionabile per ogni anno di contribuzione: con 25 anni si ha diritto al 50%, con 35 anni al 70% e così via, fino all’80% con 40 anni, massima anzianità presa in considerazione.
La misura della rendita è costituita dalla somma di due distinte quote (A + B): la prima (A) corrisponde all’importo dell’anzianità contributiva maturata sino al 31 dicembre 1992; la seconda (B) corrispondente all’anzianità acquisita dal primo gennaio 1993 al 31 dicembre 2011.
La base pensionabile della quota A è data dalla media degli stipendi degli ultimi cinque anni che precedono la decorrenza. Mentre quella di riferimento della quota B (da utilizzare per l’anzianità acquisita dal primo gennaio 1993 in poi) si ricava dalla media annua delle retribuzioni degli ultimi dieci anni (sempre andando a ritroso dalla decorrenza).
Gli importi utilizzati per il conteggio non sono quelli effettivamente incassati con la busta paga, ma quelli rivalutati tenendo conto dell’inflazione, con esclusione dell’anno di decorrenza e di quello immediatamente precedente. Per chi si pensiona nel 2023, quindi, restano al palo le retribuzioni del 2023 e del 2022. Proprio per questo motivo è quasi sempre più conveniente presentare la domanda di pensione a dicembre con decorrenza dal gennaio successivo. Nella media verrà così inserito un anno pieno di retribuzione in più.
Così si rivaluta la busta paga
(Coefficienti Istat di rivalutazione delle retribuzioni validi per l’anno 2023)
Anno |
Quota “A |
Quota “B” |
Anno |
Quota “A” |
Quota “B” |
2023 |
1,0000 |
1,0000 |
2015 |
1,1200 |
1,1984 |
2022 |
1,0000 |
1,0000 |
2014 |
1,1222 |
1,2096 |
2021 |
1,0007 |
1,1210 |
2013 |
1,2232 |
1,2232 |
2020 |
1,0903 |
1,1230 |
2012 |
1,1346 |
1,2481 |
2019 |
1,0903 |
1,1633 |
2011 |
1,1693 |
1,2979 |
2018 |
1,0958 |
1,1872 |
2010 |
1,2006 |
1,3447 |
2017 |
1,1200 |
1,1984 |
2009 |
1,2198 |
1,3784 |
2016 |
1,1200 |
1,1543 |
2008 |
1,2287 |
1,4007 |
Nelle colonne A sono indicati i coefficienti di rivalutazione delle retribuzioni da utilizzare per il calcolo della quota di pensione riferita alla contribuzione versata a tutto il 31 dicembre 1992 (la quota A). Mentre nelle colonne B sono riportati i coefficienti da utilizzare il calcolo della quota di pensione, maturata sulla base della contribuzione successiva al 1 gennaio 1993 (la quota B).
Aliquote di rendimento pensioni 2023 (dipendenti)
|
Quota A * |
Quota B ** |
Fino a € 51.803,00 |
2,00% |
2,00% |
da € 51.805,00 a € 68.898,77 |
1,50% |
1,60% |
da € 68.898,78 a € 85.993,94 |
1,25% |
1,35% |
da € 85.993,95 a € 98.426,81 |
1,00% |
1,10% |
oltre € 98.426,81 |
1,00% |
0,90% |
* Da utilizzare per il calcolo della quota A, ossia in riferimento alla contribuzione versata a tutto il 31 dicembre 1992.
** Da utilizzare per il calcolo della quota B, ossia in riferimento alla contribuzione versata nel periodo compreso tra il 1° gennaio 1993 ed il 31 dicembre 2011
Aliquote di rendimento pensioni 2023 (autonomi)
|
Quota A * |
Quota B ** |
Fino a € 51.803,58 |
2,00% |
2,00% |
da € 51.803,59 a € 68.898,77 |
1,50% |
1,60% |
da € 68.898,78 a € 85.993,94 |
1,25% |
1,35% |
da € 85.993,95 a € 86.339,30. |
1,00% |
1,10% |
* Da utilizzare per il calcolo della quota A, cioè in riferimento alla contribuzione versata a tutto il 31 dicembre 1992.
** Da utilizzare per il calcolo della quota B, cioè in riferimento alla contribuzione versata nel periodo compreso tra il 1 gennaio 1993 ed il 31 dicembre 2011.
La quota contributiva. La quota contributiva viene calcolata con le regole introdotte dalla legge n. 335/1995 (riforma Dini). In particolare, occorre moltiplicare il reddito prodotto ogni anno per l’aliquota di computo (33%) e determinando il montante contributivo accantonato a fini pensionistici. Il montante viene rivalutato annualmente sulla base dell'evoluzione del prodotto interno lordo, per la precisione in base alla media quinquennale del Pil (tasso di capitalizzazione).
Alla cessazione dall’attività lavorativa, il montante maturato, corrispondente ai contributi versati rivalutati, è convertito in pensione mediante l'utilizzo dei coefficienti di trasformazione, che variano a seconda dell'età del pensionando. Più si dilata l'uscita, maggiore sarà il coefficiente applicabile, maggiore sarà l'importo annuo della pensione.
I coefficienti di trasformazione del montante contributivo accumulato (2023-2024)
Età alla decorrenza della pensione |
||||||||||||
Anni |
Mesi |
|||||||||||
0 |
1 |
2 |
3 |
4 |
5 |
6 |
7 |
8 |
9 |
10 |
11 |
|
57 |
4,270% |
4,2370% |
4,2880% |
4,2970% |
4,3060% |
4,3150% |
4,3240% |
4,3330% |
4,3420% |
4,3510% |
4,3600% |
4,3690% |
58 |
4,378% |
4,2790% |
4,2880% |
4,2970% |
4,4163% |
4,4259% |
4,4355% |
4,4451% |
4,4547% |
4,4643% |
4,4738% |
4,4834% |
59 |
4,493% |
4,3876% |
4,3972% |
4,4068% |
4,5337% |
4,5438% |
4,5540% |
4,5642% |
4,5743% |
4,5845% |
4,5947% |
4,6048% |
60 |
4,615% |
4,5032% |
4,5133% |
4,5235% |
4,6580% |
4,6688% |
4,6795% |
4,6903% |
4,7010% |
4,7118% |
4,7225% |
4,7333% |
61 |
4,744% |
4,6258% |
4,6365% |
4,6473% |
4,7900% |
4,8015% |
4,8130% |
4,8245% |
4,8360% |
4,8475% |
4,8590% |
4,8705% |
62 |
4,882% |
4,7555% |
4,7670% |
4,7785% |
4,9307% |
4,9428% |
4,9550% |
4,9672% |
4,9793% |
4,9915% |
5,0037% |
5,0158% |
63 |
5,028% |
4,8942% |
4,9063% |
4,9185% |
5,0800% |
5,0930% |
5,1060% |
5,1190% |
5,1320% |
5,1450% |
5,1580% |
5,1710% |
64 |
5,184% |
5,0410% |
5,0540% |
5,0670% |
5,2400% |
5,2540% |
5,2680% |
5,2820% |
5,2960% |
5,3100% |
5,3240% |
5,3380% |
65 |
5,352% |
5,1980% |
5,2120% |
5,2260% |
5,4117% |
5,4266% |
5,4415% |
5,4564% |
5,4713% |
5,4863% |
5,5012% |
5,5161% |
66 |
5,531% |
5,3669% |
5,3818% |
5,3968% |
5,5950% |
5,6110% |
5,6270% |
5,6430% |
5,6590% |
5,6750% |
5,6910% |
5,7070% |
67 |
5,723% |
5,5470% |
5,5630% |
5,5790% |
5,7923% |
5,8097% |
5,8270% |
5,8443% |
5,8617% |
5,8790% |
5,8963% |
5,9137% |
68 |
5,931% |
5,7403% |
5,7577% |
5,7750% |
6,0053% |
6,0239% |
6,0425% |
6,0611% |
6,0797% |
6,0983% |
6,1168% |
6,1354% |
69 |
6,154% |
5,9496% |
5,9682% |
5,9868% |
6,2343% |
6,2544% |
6,2745% |
6,2946% |
6,3147% |
6,3348% |
6,3548% |
6,3749% |
70 |
6,395 % |
6,1741% |
6,1942% |
6,2143% |
6,4817% |
6,5033% |
6,5250% |
6,5467% |
6,5683% |
6,5900% |
6,6117% |
6,6333% |
Da 71 |
6,655% |
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La protezione (ridotta) contro l’inflazione. Le pensioni rincorrono l’inflazione. Ma si tratta di una missione ormai quasi impossibile. Per ridurre la spesa pubblica, governo e parlamento, infatti, sono intervenuti più volte nel passato per congelare la perequazione automatica, meccanismo in base a cui ogni anno gli enti provvedono a adeguare i trattamenti in pagamento sulla base della variazione dei prezzi al consumo.
Per i prossimi due anni (2023 e 2024) la rivalutazione non si applicherà in modo progressivo (come visto nel 2022), ma sull’intero trattamento pensionistico lordo e con fasce di perequazione diverse. All’interno c’è anche un irrobustimento delle pensioni minime per i pensionanti di età pari o superiore a 75 anni: nel 2023 godranno di rivalutazione straordinaria (ma temporanea) del 6,4% che porterà il minimo a 600 euro al mese. Vediamo le novità.
La perequazione automatica. Si chiama così il vecchio automatismo della scala mobile, in virtù del quale le pensioni sono adeguate all'aumento del costo della vita per salvaguardare, in qualche misura, il loro reale potere d'acquisto.
Per adeguare l’importo delle pensioni all’aumento del costo della vita è stato istituito un meccanismo automatico di rivalutazione, la cosiddetta perequazione automatica delle rendite, calcolata sulla base degli indici Istat del costo di vita, per conservare immutato il potere reale di acquisto dei pensionati.
Questo indice ha periodicità annuale con decorrenza dal 1 gennaio. Gli aumenti sono calcolati applicando all’importo della pensione che spetta alla fine di ciascun periodo la percentuale di variazione. Questa cifra si determina rapportando il valore medio dell’indice Istat dei prezzi di consumo per famiglie di operai e impiegati, relativo all’anno precedente il mese di decorrenza dell’aumento, a quello dell’anno precedente.
Per la rivalutazione del 2023, il decreto del 10 novembre 2022 ha fissato l'aumento al tasso del 7,3%, che porta il minimo Inps, per esempio, da 525,38 a 563,74 euro. In questo caso, l'aumento è di 38,35 euro mensili, cioè di 498 euro in un anno (13 mensilità). La perequazione interessa tutte le pensioni, di qualunque importo. L'aumento è fisso per le pensioni fino al “minimo Inps” (100% del tasso Istat). Quelle di importo superiore, invece, aumentano con incrementi differenziati a seconda dell'entità della pensione soggetta alla rivalutazione.
Le nuove regole. La legge di bilancio ha modificato questi criteri, prevedendo per il biennio 2023-2024 sette fasce di rivalutazione a seconda dell’importo del trattamento pensionistico (in tabella gli aumenti). Ma, soprattutto, ripristinando il meccanismo della rivalutazione sull’importo complessivo del trattamento.
Nulla di nuovo per il cosiddetto meccanismo di garanzia, regola secondo cui la rivalutazione non può essere inferiore all’aumento massimo attribuibile della fascia inferiore.
Pensioni minime. Chi percepisce una pensione non superiore al trattamento minimo (563,74 euro) gode di una rivalutazione straordinaria dell’1,5% che porterà l’assegno minimo a circa 573 euro al mese (per tutto il 2023, compresa la tredicesima).
Per i pensionati di età pari o superiore a 75 anni, l’aumento sarà del 6,4% grazie al quale, come annunciato dal governo, si può raggiungere la teorica cifra di 600 al mese. Si tratta di aumenti transitori, destinati cioè a trovare applicazione per il solo 2023, senza incidere sulle prestazioni collegate al reddito.
Così le pensioni 2023
Trattamento minimo |
€ 563,74 |
Assegno sociale |
€ 503,27 |
Pensione sociale |
€ 414,76 |
… superiori al minimo |
Importo della pensione al dicembre 2022 |
Aumento |
||||||||||
Fino a € 2.819 |
7,300% (100%) |
||||||||||
da € 2.820 a € 2.995 |
6,205% (85%) |
||||||||||
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La stranezza. In generale, la legge ha agganciato le pensioni al tasso Istat solo se conviene alle casse pubbliche. Se cresce la speranza di vita, slitta in avanti l'età di ritiro dal lavoro per bilanciare la maggiore durata delle pensioni. Ma se si riduce, non si può più tornare indietro e la differenza viene incassata dallo stato. È una delle molteplici stranezze del nostro sistema previdenziale.
L’anzianità dei giovani. Oltre alle varie formule che consentono l'anticipo, come la “pensione in quota” (oggi a 103), l'Ape e le possibilità per i precoco, sarà possibile ricevere l'assegno anche il lavoro è iniziato dopo il 31 dicembre 1995, ma con un trattamento calcolato interamente con il contributivo.
E' inoltre possibile ottenere la pensione anticipata all’età di 71 anni (requisito soggetto agli andamenti demografici), sia le donne che gli uomini, con almeno 20 anni di contribuzione effettiva (non sono considerati utili i contributi figurativi).
L’importo del trattamento non deve risultare inferiore a 2,8 volte dell’assegno sociale Inps (limite pari a 1.410 euro mensili del 2023). A meno che il pensionato abbia almento 70 anni e cinque anni di contribuzione.
Categoria per categoria, quanto costa la pensione nel 2023
Dipendenti |
33% fino a 51.804 euro (di cui 23,81 pagato dal datore di lavoro e il 9,19 dal dipendente). L’aliquota sale al 34% sulla quota eccedente (l’aumento è a totale carico del lavoratore) |
Artigiani |
24% sino a 17.380 euro e 25% per la quota eccedente sino al massimale di 86.340 euro. E' comunque dovuto un contributo annuo minimo di 4.179 euro (comprensivo della quota di 7,33 euro di maternità) |
Commercianti |
24,48% sino a 17.380 euro e 25,49% per la quota eccedente sino al massimale di 86.340 euro. E' comunque dovuto un contributo annuo minimo di 4.262 euro (comprensivo della quota di 7,33 di maternità) |
Parasubordinati non iscritti ad altre forme di previdenza |
34,23% sino al massimale di 112.680 euro * |
Parasubordinati iscritti ad altre forme di previdenza o titolare di pensione diretta |
24% sino al massimale di 112.680 euro * |
Titolari di partita Iva |
25,98% sino al massimale di 112.680 euro * |
* Per due terzi il contributo è a carico del committente e per un terzo del lavoratore. I professionisti con partita Iva pagano il contributo per intero, ma possono scaricare il 4% sul cliente nella fattura. |
Invalidi. La legge Monti-Fornero ha mantenuto in vigore il requisito di età ridotta di 55 anni (uomini) e di 50 (donne) per i lavoratori non vedenti, che siano tali dalla nascita o da data anteriore all’inizio dell’assicurazione o che comunque possano far valere almeno dieci anni di contribuzione dopo l’insorgenza dello stato di cecità.
Rientrano nella categoria dei non vedenti coloro che sono colpiti da cecità assoluta o hanno un residuo visivo non superiore a un decimo in entrambi gli occhi con eventuali correzioni. Per chi si trova in condizioni diverse, rimangono fermi i requisiti di età richiesti in via generale al 31 dicembre 1992 (60 anni per gli uomini e 55 per le donne).
Tra i “salvati”, anche i dipendenti che possono far valere un'anzianità assicurativa di almeno 25 anni e risultano occupati per almeno dieci anni, anche non consecutivi, per periodi di durata inferiore a 52 settimane nell'anno solare.
Eccezione anche per gli altri invalidi. Nel caso di soggetti con invalidità pari o superiore all’80% i limiti di età per la pensione di vecchiaia rimangono confermati in 60 anni per gli uomini e 55 per le donne.