PENSIONI, LO SPAURACCHIO DELLO SCALONE
Si ripresenta il rebus post Quota 100: nella nuova situazione non si potrà lasciare il lavoro prima di aver compiuto 67 anni. Con l'incubo-scalone, che penalizzerebbe soprattutto le donne.
La soluzione? La ribadisce il presidente dell'Inps, Pasquale Tridico, secondo il quale "Forme di flessibilità ne abbiamo diverse".
Nel dettaglio, afferma, “la mia proposta di pensione flessibile (e sostenibile) resta l'uscita a 63 anni col calcolo della sola quota contributiva con la restante retributiva che scatta a 67”. E aggiunge: “lo studio appena concluso da parte della commissione istituita dal ministero del Lavoro, a cui anche l'Inps ha fornito un importante contributo, va nella giusta direzione e approfondisce il tema delle categorie gravose a cui estendere l'Ape sociale.
Le proposte sindacali. I sindacati da tempo chiedono flessibilità a partire dai 62 anni. A questa età una persona dovrebbe poter decidere di andare in pensione a prescindere dai contributi. Ma lo stesso dovrebbe succedere quando un lavoratore arriva a 41 anni di lavoro svolto, a prescindere dall'età anagrafica.
Sempre secondo i sindacati, la pensione a 62 anni andrebbe accompagnata da un rafforzamento degli strumenti esistenti. Per agevolare alcune categorie di lavoratori, sarebbero a disposizione prima di tutto Ape sociale (nella versione rafforzata) e Opzione donna. Con la possibilità, magari, di introdurne altre ad hoc per determinate mansioni.
Assegni sempre più bassi. Un'ipotesi di riforma del sistema pensionistico che vada incontro al problema di assegni destinati a diventare sempre più bassi potrebbe dunque essere quella di una divisione della quota pensione in due quote: retributiva e contributiva.
Tridico lo dice da mesi. La prima volta illustrò il suo piano in primavera in un intervento al seminario Pensioni, 30 anni di riforme.
L'ipotesi, come detto, prevedeva un anticipo pensionistico solo per la parte contributiva: 62/63 anni e 20 anni di versamenti. Il resto (la retributiva), lo si otterrebbe a 67 anni. Con alcuni sconti. Come, per esempio, un anno in meno per ogni figlio per le madri lavoratrici, oppure aumento del coefficiente di trasformazione corrispondente. E un anno in meno ogni dieci anni di lavori usuranti/gravosi.
In sintesi, Tridico quindi punta su finestre di uscita per i lavoratori fragili, facilitazioni per i disoccupati anziani, in situazione di particolare vulnerabilità. E lavori gravosi, per esempio in campo edile, dove è alta l'incidenza degli infortuni.
Tra i capitoli di una riforma di lungo periodo, invece, la pensione di garanzia per i giovani, l'incremento della flessibilità strutturale in uscita e gli incentivi per la formazione (riscatto pieno/gratuito per la laurea).
La legge di bilancio. Finora, tuttavia, non è chiaro cosa succederà quando non saranno più ammessi i pensionamenti anticipati con almeno 62 anni d’età e 38 di contributi. Non si conosce la strategia del governo sul tema pensioni. Il tavolo con le parti sociali annunciato dal ministro Andrea Orlando è stato solo interlocutorio. Il rischio scalone c'è ed è concreto. Comporterebbe un aumento dei requisiti per il pensionamento di ben sei anni nella notte fra il 31 dicembre 2021 e il 1 gennaio 2022.
Impensabile che il governo non faccia qualcosa. Se ne riparlerà nel mese di novembre, in occasione della prima bozza della legge di bilancio 2022.