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PENSIONI, L’ISTAT AGGIORNA GLI STIPENDI

Lo stipendio di 35 mila euro del 2020 vale, in pensione, 35.665 euro. E quando viene utilizzato per il calcolo della seconda quota, riferita all'anzianità maturata dopo il 31 dicembre 1992, sale fino a 36.022 euro. Ora è dunque possibile calcolare con esattezza una pensione con decorrenza nell’anno in corso, grazie ai coefficienti indicati dall'Istat (messaggio Inps n. 4569/2022). Questi consentono di rivalutare le retribuzioni da considerare per determinare la base annua pensionabile.

Infati, come stabilito dalla riforma Monti-Fornero (legge 213/2011), per il calcolo della pensione, oltre alla quota retributiva, occorre aggiungerne un'altra determinata con il criterio contributivo e riferita all’anzianità maturata dopo il 31 dicembre 2011.

 

La retribuzione pensionabile. Il sistema di calcolo retributivo commisura l’importo del trattamento in rapporto allo stipendio medio degli ultimi anni di lavoro, in modo da garantire una determinata percentuale della retribuzione: 80% con la massima anzianità di 40 anni (2%, per ogni anno).

Con la riforma Amato del 1993, la ricerca della retribuzione da considerare per il calcolo deve essere effettuata sugli ultimi dieci anni di attività. Fino al 31 dicembre 1992, ci si basava invece sulla media degli ultimi cinque.

Le retribuzioni da utilizzare vengono rivalutate in base all’inflazione. Per trasformare il vecchio stipendio in uno aggiornato basta moltiplicarlo per gli appositi coefficienti resi noti ogni anno dall’Istat (vedi tabella in fondo). Dalla rivalutazione sono esclusi gli stipendi dell’anno di decorrenza della pensione e di quello precedente. Stesso discorso vale per i lavoratori autonomi (artigiani e commercianti). Nel loro caso, anziché la retribuzione, va rivalutato il reddito pensionabile.

 

Due quote. Sempre la riforma Amato aveva stabilito che dal 1 gennaio 1993 la misura della pensione era costituita dalla somma di due quote: la prima (A) corrisponde all’importo relativo all’anzianità contributiva maturata sino a tutto il 31 dicembre 1992; la seconda (B) al trattamento relativo all’anzianità acquisita dopo il 1 gennaio 1993.

Con l’introduzione del criterio di calcolo su due quote si è reso necessario l’utilizzo di due diversi tipi di coefficienti Istat di aggiornamento: il primo (secondo le vecchie regole) legato alla variazione dell’indice Istat (variazione dei prezzi al consumo per le famiglie di impiegati e operai): il secondo più favorevole (secondo le nuove regole), ancorato all’indice Istat, aumentato di un punto percentuale per ogni anno solare preso in considerazione per calcolare le retribuzioni pensionabili.

 

La quota C. Per le pensioni con decorrenza dal 2012 in poi, il calcolo della rendita deve tener conto anche di una ulteriore quota (C), riferita all’anzianità acquisita dopo il 31 dicembre 2011. La riforma Monti-Fornero ha infatti introdotto il calcolo contributivo per tutti, compresi coloro che potevano contare su 18 anni di versamenti al 31 dicembre 1995, i quali fino ad allora avevano beneficiato del solo (e più favorevole) criterio retributivo.

 

 

Anno

Quota “A

Quota “B”

Anno

Quota “A”

Quota “B”

2022

1,0000

1,0000

2014

1,1093

1,1415

2021

1,0000

1,0000

2013

1,1198

1,1832

2020

1,0190

1,0292

2012

1,1131

1,2127

2019

1,0190

1,0394

2011

1,1213

1,2330

2018

1.0241

1,0547

2010

1,1571

1,2844

2017

1,0354

1,0765

2009

1,1775

1,3183

2016

1,0467

1,0989

2008

1,2010

1,3566

2015

1,0467

1,1093

2007

1,2214

1,3919