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CASSE DI PREVIDENZA DEI PROFESSIONISTI, OBIETTIVO FORMAZIONE

Aiutare la formazione e la crescita professionale degli iscritti per migliorarne anche i redditi. È questo il compito che le Casse di previdenza dei liberi professionisti tendono ad assumersi sempre più spesso. Non tutte con la stessa convinzione e non tutte nello stesso modo, come spiega l’inchiesta del quotidiano economico ItaliaOggi. Ma è un fatto che negli ultimi anni si sono moltiplicate le iniziative degli enti autonomi di previdenza, che hanno cercato di contrastare i morsi della crisi economica finanziando in vario modo la formazione dei propri iscritti. L'ipotesi di fondo è che una maggior qualificazione professionale si traduca anche, mediamente, in un aumento del reddito e, quindi, anche dei contributi versati alla propria Cassa di riferimento.

In testa i consulenti del lavoro. I più convinti della bontà di questa impostazione sembrano essere i consulenti del lavoro, che per l'anno 2019 hanno stanziato la considerevole cifra di 1 milione e 650 mila euro per la realizzazione di corsi per il potenziamento delle competenze dei propri iscritti. Budget di tutto rispetto anche per agenti di commercio, che hanno reso disponibile 1,5 milioni di euro, periti industriali e avvocati (1 milione ciascuno), mentre 700 mila euro è la cifra stanziata dalle Casse di previdenza di geometri e biologi.

Un po' in ritardo i dottori commercialisti, che solo l'anno scorso hanno ottenuto il via libera dei ministeri competenti (Lavoro e economia) alle modifiche regolamentari varate per la messa a disposizione di risorse per l'avvio, il sostegno e l'espansione dell'attività professionale. Per le medesime attività, i ragionieri stanno ancora aspettando il nullaosta dei dicasteri vigilanti che, quando si tratta di welfare, sembrano andarci con i piedi di piombo.  Non è un caso che i tempi richiesti per modifiche regolamentari di questo tipo sono di solito molto lunghi.

Cosa fa il Governo. Proprio per rendere più agevole alle Casse l'esercizio di queste attività a favore degli iscritti, da tempo il Governo sta cercando di disciplinare l'attività con un atto normativo di portata generale. Per la verità, il Jobs act aveva ampliato la possibilità di fare welfare, ma poi il decreto legislativo di attuazione non è mai stato approvato. Si è provato a inserire una norma ad hoc nel “decretone” sul reddito di cittadinanza, ma senza successo.

L'ultima versione del Decreto crescita, approvato dal Consiglio dei ministri un paio di settimane fa, ma che finora non è approdato in Gazzetta ufficiale, contiene un ulteriore tentativo d’istituzionalizzare l'attività di sostegno agli iscritti da parte delle casse di previdenza. In particolare si autorizza, per l'attività di welfare, l'impiego di “una quota fino al 5% dei rendimenti lordi cumulati del patrimonio delle singole gestioni previdenziali”.

Una norma che, se approvata, renderebbe le singole Casse molto più libere e spianerebbe la strada a progetti che spesso incontrano notevoli ostacoli burocratici. La stessa norma prevede anche l'istituzione di appositi organismi di vigilanza per verificare gli effetti concreti dell'impegno di queste risorse. Un monitoraggio di questo è tipo è stato per esempio realizzato dall'Enpab (biologi); dall’analisi è emerso che i redditi dei professionisti che avevano partecipato a progetti formativi nel 2017 si erano incrementati mediamente del 5%.

Questo riscontro empirico che giustifica il fatto che negli ultimi anni sia cresciuto il ruolo delle Casse di previdenza non solo nelle attività di assistenza economica agli iscritti che si trovano in particolari situazioni di disagio (invalidità temporanea, non autosufficienza, ecc.), ma stiano sempre più prendendo piede misure di sostegno (vedi i prestiti d'onore) per il completamento degli studi, delle specializzazioni e il conseguimento di master specialistici

 

Leonardo Comegna