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PENSIONI, PER LA RAGIONERIA QUOTA 100 FA SALTARE I CONTI

La pensione Quota cento, così com’è, non durerà a lungo. Nonostante la misura sia considerata intoccabile (lo ha detto la neo Ministra del lavoro Nunzia Catalfo), restano forti dubbi sulla sostenibilità a lungo termine e il suo “peso” sui conti pubblici. A lanciare l’allarme è un recente secondo studio della Ragioneria generale dello Stato, dove si afferma che Quota cento costerà circa 20 miliardi di euro. Con l'avvento del nuovo governo, le pensioni, sono quindi tornate un tema di grande attualità. L’ormai famosa Quota 100, introdotta dal precedente esecutivo, nonostante le dichiarazioni ufficiali potrebbe essere quantomeno soggetta a qualche modifica.

Occhio al Pil. A parere della Ragioneria, lo scostamento rispetto al livello di spesa pensionistica in rapporto al Pil relativo alla legislazione immediatamente previgente, è particolarmente accentuato nei primi anni della proiezione. In particolare, nel biennio 2020- 2021, in corrispondenza con il maggior ricorso al pensionamento anticipato da parte dei soggetti che maturano il requisito congiunto per il collocamento a riposo con almeno 62 anni di età e 38 anni di anzianità contributiva, la maggiore incidenza della spesa in rapporto al Pil, sottolinea il dossier, ammonta a 0,5 punti percentuali. Negli anni successivi, invece, il profilo dei nuovi oneri pensionistici in rapporto al Pil mostra un andamento decrescente.

Lo scenario sino al 2036. Lo scostamento rispetto al livello di spesa pensionistica in rapporto al Pil (il prodotto interno lordo) che sconta la legislazione immediatamente previgente, sottolinea la Ragioneria, "è particolarmente accentuato nei primi anni della proiezione. In particolare, nel biennio 2020-2021, in corrispondenza con il maggior ricorso al pensionamento anticipato da parte dei soggetti che maturano il requisito congiunto per il collocamento a riposo (62 anni di età e 38 anni di contributi), la maggiore incidenza della spesa in rapporto al Pil ammonta a 0,5 punti percentuali. Negli anni successivi, il profilo dei nuovi oneri pensionistici in rapporto al Pil mostra un andamento decrescente. Lo scostamento rispetto al livello risultante dalla legislazione immediatamente previgente si azzera nel 2036.

Curva pericolosa. Tenuto conto delle prospettive di crescita economica molto contenute, i tecnici del Ministero dell’Economia prevedono un picco della spesa previdenziale del 15,9% nel 2022, ovvero l'anno successivo alla conclusione della sperimentazione triennale di Quota 100 e delle altre misure di agevolazione pensionistica introdotte nel gennaio scorso. Negli anni seguenti il rapporto fra la spesa pensionistica e il Pil non scenderà sotto quota 15,6% fino al 2029, anche in virtù del fatto che in questi anni è previsto il massiccio pensionamento dei baby boomers.

La reazione dei sindacati. I sindacati non ci stanno. ''Le previsioni della Ragioneria generale dello Stato sulla spesa previdenziale italiana, come al solito sovrastimate”, sostiene la Cgil, non modificano un quadro complessivo che vedrà certamente nei prossimi anni un incremento della spesa, soprattutto per ragioni demografiche. Ciononostante il sistema è ampiamente in equilibrio, e lo sarebbe ancor di più se si depurasse la spesa previdenziale da tutto ciò che previdenza non è''.

E soprattutto, secondo la Cgil,  non si possono prendere a pretesto questi dati per bloccare Quota 100, che si sta dimostrando ampiamente sottoutilizzata rispetto alle previsioni. ulla previdenza che, al contrario, ha bisogno di una vera riforma che superi l'impianto della legge Fornero, che il precedente Governo ha praticamente lasciato inalterata.

 

www.inps.it

www. rgs.mef.gov. it

Leonardo Comegna