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PENSIONE DI REVERSIBILITÀ, STOP AL TAGLIO FISSO

Alt al “taglio “fisso” della pensione di reversibilità in caso di cumulo con redditi da lavoro. La decurtazione dell'assegno (del 25%, 40% o 50%) non potrà mai superare l'importo dei redditi che hanno causato il taglio. Lo stabilisce la corte costituzionale (con la sentenza n. 162/2022), “correggendo” così la riforma Dini (legge n. 335/1995).

 

Il cumulo di altri redditi. La questione riguarda il meccanismo di ”parziale cumulabilità” della pensione di reversibilità e gli eventuali redditi da lavoro dell'erede beneficiario. La riforma Dini, come è noto, consente il cumulo tra pensione ai superstiti e redditi del beneficiario entro certi limiti. Cioè entro tre fasce di reddito calcolate come triplo, quadruplo e quintuplo del trattamento minimo annuo di pensione. In relazione a ciascuna di queste tre fasce indica la percentuale di cumulo della pensione di reversibilità: rispettivamente il 75%, il 60% e il 50%. La restante parte della pensione (25%, 40% e 50%), invece, non è cumulabile: è persa, perché non può essere erogata all'erede beneficiario.

 

La questione. All'atto pratico, questo criterio permetteva che la decurtazione della pensione potesse risultare anche superiore al reddito che l'ha causata. Cioè il reddito da lavoro che ha dato vita al taglio della pensione. Così è stato, per esempio, nel caso affrontato dalla corte dei conti per il Lazio che, dubitando della legittimità costituzionale della norma, con riferimento al “principio di ragionevolezza” previsto dalla carta fondamentale, ha rimesso la questione alla corte costituzionale.

 

La decisione. E la Consulta ha dato ragione alla Corte dei conti. E, per rendere “ragionevole” la norma censurata, ha ritenuto necessario introdurre un tetto alle decurtazioni della pensione di reversibilità, in caso di possesso di redditi aggiuntivi. Verificato che, nel passato, disposizioni simili hanno sempre fissato quale limite alle decurtazioni “la concorrenza dei redditi”, ha quindi dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma contenuta nelle legge di riforma Dini, nella parte in cui, in caso di cumulo tra pensione ai superstiti e redditi del beneficiario, “non prevede che la decurtazione effettiva della pensione non possa essere operata in misura superiore alla concorrenza dei redditi stessi”.