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IN PENSIONE CINQUE ANNI PRIMA CON LO “SCIVOLO”

Il cosiddetto “scivolo” di 5 anni che consente ai lavoratori delle grandi aziende di raggiungere la pensione anticipata è diventato realtà. Lo prevede la recente legge (58/2019) che ha convertito il famoso Decreto crescita, con l’introduzione del “contratto di espansione”.

Il nuovo strumento, che abroga e sostituisce il contratto di solidarietà espansiva, ha un duplice obiettivo: da una parte, concede l’opportunità alle aziende di poter ridurre l’orario di lavoro dei propri dipendenti fino al 30%, in cambio di nuove assunzioni e, dall’altra, di finanziare i lavoratori che sono prossimi alla pensione (massimo 60 mesi) mediante un assegno fino all’effettiva decorrenza della pensione. Secondo le stime ministeriali, le aziende con almeno mille dipendenti potenzialmente interessate ad applicare la norma, sono 381, con una platea di ipotetici beneficiari per un totale di 1,1 milioni di lavoratori, per quanto riguarda il maxi scivolo e la riduzione dell’orario di lavoro.

Anticipo di cinque anni. Andare in pensione con cinque anni di anticipo è dunque una realtà. Riguarda i dipendenti delle aziende con oltre mille dipendenti, interessate da un processo di trasformazione tecnologica, reindustrializzazione e riorganizzazione. Lo scopo, evidentemente, è quello di agevolare il ricambio generazionale, consentendo ai lavoratori più anziani di lasciare prima del raggiungimento dei requisiti previsti dalla legge, in cambio dell’assunzione di giovani. La misura ha carattere sperimentale: vale per il 2019 e il 2020.

Gli interessati, in poche parole, sono coloro che hanno raggiunto 62 anni di età e 20 anni di contributi, oppure 37 anni e 10 mesi di contributi versati (per le donne 36 anni e 10 mesi) nel caso in cui l’obiettivo sia la pensione anticipata.

Si passa dalla Naspi. Va subito detto che la scelta di usufruire dello scivolo non è del lavoratore, bensì dell’azienda, dopo aver sottoscritto un “contratto di espansione” con Ministero del Lavoro e sindacati. Il lavoratore potrà decidere se aderire o meno. Una volta accettato lo scivolo, scatta la Naspi (l’indennità di disoccupazione) della durata di due anni, durante i quali l’Inps accredita i relativi contributi figurativi. Solo a scadenza del periodo coperto dalla Naspi interviene la ditta, che verserà mensilmente all’ex dipendente una cifra pari alla pensione maturata al momento dell’uscita dall’azienda.

Penalizzate le donne. Il datore di lavoro deve pagare tutti i contributi mancanti solo a coloro che usano lo scivolo per raggiungere la pensione anticipata, e cioè per arrivare a 42 anni e 10 mesi di versamenti all’Inps (41 e 10 mesi per le donne). Mentre gli altri, una volta conclusa la Naspi non avranno diritto ai ulteriori contributi. Va da sé che questo influirà in modo negativo sull’importo dell’assegno. Una disparità che rischia di penalizzare soprattutto le donne: sono loro, infatti, che nella maggior parte dei casi escono dal lavoro con la pensione di vecchiaia.

Limiti di spesa. I benefici di cui sopra sono riconosciuti entro il limite complessivo di spesa di 4,4 milioni di euro per il 2019, 11,9 milioni per il 2020 e 6,8 milioni per il 2021. Se nel corso della procedura di consultazione dovesse emergere uno scostamento, anche in via prospettica, il Ministero del lavoro non  può  procedere  alla sottoscrizione dell'accordo governativo e quindi non può prendere in considerazione ulteriori domande.

 

www.inps.it

www.parlamento.it

Leonardo Comegna