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  • Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti

RISCATTO ANNI DI LAUREA 2016

Speciale riscatto 2016

Rendere più facile è meno costoso il riscatto degli anni di laurea: è una delle proposte di modifica della riforma Monti-Fornero di cui si sta cominciando a discutere per introdurre un minimo di flessibilità nell’uscita dal mondo del lavoro (nella foto il ministro del Lavoro Giuliano Poletti). Come funziona questo meccanismo, e quando conviene richiederlo? Ecco le risposte in questo speciale.

Quando si può riscattare. Il riscatto è un’operazione che consente al lavoratore di ottenere, a proprie spese, il riconoscimento contributivo dei periodi durante i quali è “scoperto” dal punto di vista previdenziale. A differenza della contribuzione figurativa (assenza per maternità, servizio militare, ecc.), che è gratuita, il riscatto è sempre a titolo oneroso. E’ agevolato sotto il profilo fiscale fiscalmente perché le somme versate a titolo di riscatto o ricongiunzione sono interamente deducibili dal reddito imponibile Irpef, come avviene con i contributi obbligatori. In pratica, la somma pagata per il riscatto va a ridurre l’imponibile, come se si trattasse di contributi obbligatori. Il risparmio è tanto maggiore quanto più elevato è il reddito del contribuente. Il lavoratore ha così la possibilità di recuperare parte della spesa grazie alle minori tasse pagate. La deducibilità fiscale e la possibilità recentemente offerta di pagare a rate senza interessi nell’arco di dieci anni hanno dato nuovo slancio al riscatto della laurea che, per i suoi alti costi, era passata un po’ in secondo piano. Ma vediamo quali sono le diverse situazioni previste.

Il riscatto degli studi universitari. È certamente la forma più diffusa di riscatto. Le condizioni richieste per il recupero del periodo del corso legale degli studi universitari sono due:

1) aver già versato almeno un contributo;

2) aver conseguito il diploma.

La copertura contributiva non può, infatti, essere riconosciuta a chi non ha ancora cominciato a lavorare, né a chi, pur avendo seguito gli studi universitari, non abbia poi raggiunto la laurea. Il recupero si riferisce agli anni accademici in cui si è effettivamente svolto il corso legale, con esclusione dei periodi “fuori corso”. Il riscatto può essere anche parziale, riguardare cioè singoli anni del corso di studi (due anni al posto di quattro, per esempio).

 Il caso più frequente di riscatto parziale è quello di concomitanza tra servizio militare e frequenza universitaria. Facciamo un esempio. Il dottor Rossi, funzionario di banca, si è laureato in economia e commercio. Durante gli studi universitari ha fatto il servizio militare per dodici mesi: dal momento che la “leva” viene accreditata con contributi figurativi (senza alcun onere, quindi), il dottor Rossi può far domanda all’Inps per il riscatto di soli tre dei quattro anni di studi universitari di economia.

    La laurea conseguita in un paese straniero può essere recuperata solo se è riconosciuta dall’università italiana o, comunque, abbia valore legale nel nostro ordinamento. In questi casi il riscatto può essere chiesto nei limiti della durata legale del corrispondente corso di laurea in Italia o, se inferiore, degli studi effettivamente compiuti all’estero. Le stesse regole valgono se il lavoratore, pur avendo frequentato un’università straniera, si sia poi diplomato in Italia o sia stato ammesso a un anno intermedio del corso di laurea.

    Valide anche le lauree brevi. In passato il recupero ai fini pensionistici degli anni di studi universitari era praticamente riservato solo alla laurea vera e propria. Non potevano, infatti, essere riscattati i corsi di tipo superiore che non davano luogo al conferimento del titolo accademico. Le cosiddette “lauree brevi” e i diplomi para-universitari, per esempio, potevano essere recuperati solo se i relativi titoli erano richiesti per l’ammissione a determinati posti di lavoro o la progressione nella carriera.

    Dopo la riforma del 1995, grazie a uno dei provvedimenti di attuazione della cosiddetta armonizzazione dei regimi previdenziali, ora è possibile recuperare, senza particolari vincoli, anche gli anni di studio per:

   1) il diploma universitario che si consegue dopo un corso di durata non inferiore a due e non superiore a tre anni (la cosiddetta “laurea breve”);

   2) il diploma di laurea, ottenuto dopo un corso di durata non inferiore a quattro e non superiore a sei anni;

   3) diploma di specializzazione, che si consegue successivamente alla laurea e al termine di un corso di durata non inferiore a due anni;

   4) il dottorato di ricerca.

    Le nuove disposizioni si applicano alle domande di riscatto presentate dal 12 luglio 1997, indipendentemente dalla data in cui si è svolto il corso di studi. Possono essere recuperate, quindi, le lauree brevi conseguite prima del luglio 1997.

Riscatto della laurea in attesa del lavoro. Un’eccezione alla regola generale è stata decisa per i più giovani. Il riscatto degli studi universitari può essere infatti esercitato anche dai soggetti non iscritti ad alcuna forma obbligatoria di previdenza che non abbiano iniziato l’attività lavorativa. In questo caso il contributo è versato all’Inps in un’apposita evidenza contabile, e viene rivalutato secondo le regole del sistema contributivo, con riferimento alla data della domanda. Il montante maturato sarà successivamente trasferito, a domanda, presso la gestione previdenziale in cui l’interessato si iscriverà.

In una simile circostanza, in assenza cioè di una retribuzione o reddito di riferimento, l’onere di riscatto è costituito dal versamento di una somma pari, per ogni anno da riscattare, al livello minimo di reddito imponibile previsto per gli iscritti alla gestione commercianti (15.548 euro nel 2016), moltiplicato per l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche dell’assicurazione generale obbligatoria per i lavoratori dipendenti (pari attualmente al 33%).

Facciamo l’esempio di un giovane in attesa di occupazione che oggi chiede di riscattare la laurea breve (tre anni). Nel 2016 l’imponibile contributivo minimo dei commercianti è pari a 15.548 euro. Per calcolare quanto gli costa il riscatto è sufficiente applicare il 33% (aliquota contributiva dei dipendenti) a 15.548 euro e moltiplicare il risultato per i tre anni di università. In totale deve spendere 15.393 euro.

    L’onere di riscatto è fiscalmente deducibile (dall’imponibile Irpef) dall’interessato, oppure, qualora questi (com’è probabile) non fosse titolare di reddito, è detraibile dall’imposta dovuta dai soggetti di cui l’interessato risulti fiscalmente a carico (il papà o la mamma), nella misura del 19% dell’importo stesso.

    Meglio muoversi d’anticipo. La domanda di riscatto degli studi universitari non è soggetta ad alcun termine, e può quindi essere presentata in qualsiasi momento. Anzi, ora è possibile presentarla anche prima di iniziare l’attività lavorativa. Il conto è tanto più salato quanto più alta è la retribuzione percepita alla data di presentazione dell’istanza. La richiesta, che non comporta alcun impegno di pagamento, va corredata da un certificato rilasciato dall’università che comprovi l’avvenuto conseguimento del diploma, gli anni accademici in cui si è effettivamente svolto il corso, nonché quelli svolti come “fuori corso”.

Quanto si spende. Il costo del riscatto varia a seconda del regime previdenziale in cui si è inquadrati. Tutto nasce dalle modifiche intervenute nel calcolo della pensione con la riforma del 1995 (legge Dini, 335 del 1995). Molto sinteticamente, le attuali regole prevedono l’applicazione del tradizionale criterio di calcolo retributivo favore di coloro che potevano vantare almeno 18 anni di contribuzione alla data del 31 dicembre 1995 (il calcolo retributivo, riguarda ora solo l’anzianità acquisita sino al 31 dicembre 2011). Chi non aveva alcuna anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 (i neoassunti, per intenderci) rientra, invece, nel regime contributivo. Mentre il cosiddetto criterio misto (retributivo per i periodi sino al 1995 e contributivo per i successivi) si applica a coloro che, sempre al 31 dicembre 1995, potevano contare su una posizione assicurativa inferiore a 18 anni. Di conseguenza, per determinare l’anzianità contributiva complessiva e, quindi, il diverso meccanismo di calcolo del costo del riscatto, bisogna considerare dove si collocano i periodi da recuperare. Ecco tre esempi pratici che riepilogano tutti i casi che si possono presentare e che interessano, sostanzialmente, coloro che hanno iniziato a lavorare dopo ill 1996 e chi ricade nel sistema misto:

   1) lavoratore assunto dal primo gennaio 1996 che riscatta un periodo anteriore al 31 dicembre 1995. In questo caso per il calcolo del costo del riscatto si applica il criterio retributivo, mentre la pensione sarà calcolata con il sistema misto: retributivo per gli anni riscattati perché si collocano in data anteriore al primo gennaio 1996, contributivo per l’anzianità maturata con l’effettiva attività lavorativa.

    2) lavoratore assunto dopo il 31 dicembre 1995 che riscatta un periodo collocato temporalmente in parte prima e in parte dopo il primo gennaio 1996 (per esempio quattro anni di laurea dal primo novembre 1993 al 31 ottobre 1997). La collocazione temporale della carriera universitaria comporta un doppio calcolo: l’onere di riscatto va valutato in parte con il sistema retributivo (primo novembre 1993 - 31 dicembre 1995) e in parte con quello contributivo (primo gennaio 1996 - 31 ottobre 1997).

    3) lavoratore assunto dopo il 31 dicembre 1995 che riscatta un periodo successivo al primo gennaio 1996. L’onere del riscatto viene calcolato interamente con il sistema contributivo, come avviene anche per la pensione.

    Il costo nel sistema retributivo. L’onere da sostenere, con il sistema retributivo, consiste nel versamento di una somma, definita tecnicamente riserva matematica. Questa somma serve all’ente per coprire l’incremento di pensione che scaturisce dal riscatto. Si tratta, in altri termini, della quantità di capitale necessaria al fondo previdenziale per costituire una riserva tale da coprire il maggior onere finanziario derivante (in futuro) dall’aggiunta, nel calcolo della pensione, degli anni riscattati a quelli coperti da contribuzione obbligatoria.

    Le modalità di conteggio della riserva matematica sono piuttosto complesse: il risultato (la somma da versare) dipende da vari elementi tra cui il sesso, l’età e la retribuzione alla data della domanda. Le donne, per esempio, pagano più degli uomini, perché fruiscono del vantaggio (la pensione maggiorata dai periodi riscattati) alcuni anni prima. In linea generale si può dire che più bassa è la retribuzione e più giovane l’età del richiedente, meno si paga.

    La determinazione della riserva matematica avviene attraverso quattro operazioni:

    1) calcolo della pensione annua “teorica” maturata alla data della domanda di riscatto, senza tenere conto del periodo da aggiungere;

    2) calcolo della pensione annua “teorica” maturata alla data della domanda di riscatto, con l’aggiunta del periodo da riscattare;

    3) calcolo dell’incremento di pensione, ossia la differenza tra la rendita con riscatto e quella senza riscatto;

    4) applicazione all’incremento di pensione (in pratica il punto 3 meno il punto 2) dei coefficienti di capitalizzazione, variabili in base alle caratteristiche (età, sesso e così via) di chi ha chiesto il riscatto. I coefficienti di capitalizzazione sono stati pubblicati sulla Gazzetta ufficiale (Supplemento ordinario) n. 258 del 6 novembre 2007.

   Il costo nel sistema contributivo. Il conteggio è decisamente più facile se i periodi da riscattare, collocati dopo il 31 dicembre 1995, rientrano nel calcolo contributivo della pensione. In questi casi la spesa da sostenere non viene più determinata con il meccanismo della riserva matematica, ma applicando semplicemente alla retribuzione l’aliquota contributiva obbligatoria in vigore al momento di presentazione della domanda di riscatto. Un dipendente, ad esempio, deve sborsare, per ciascun anno da recuperare, il 33% della sua retribuzione. Facciamo un esempio. Il signor Rossi, giovane neoassunto, pensa di riscattare la laurea breve (tre anni). Il suo primo stipendio annuo è di 22.000 euro. Per sapere quanto gli costa il riscatto è sufficiente che calcoli il 33% di 22.000 e moltiplichi il risultato per i tre anni di università. In totale deve spendere 21.780 euro. Anche in questo caso si può vedere che la spesa è tanto minore quanto prima si chiede il riscatto (ipotizzando, ovviamente, che al passare del tempo la retribuzione continui a crescere)

    Si può pagare a rate. Per le domande di riscatto di studi universitari, il pagamento rateale è  consentito in un numero massimo di 120 rate mensili (10 anni), senza l’aggiunta degli interessi. Il pagamento di ciascuna rata ha valore irrevocabile. In caso di mancato versamento di due rate consecutive la pratica si considera conclusa, con l’accredito limitato ai contributi relativi al periodo per la cui copertura sono sufficienti le somme già corrisposte.

Quando conviene il riscatto. Sulla convenienza del riscatto non esiste una risposta immediata e valida per tutti. Dal momento che è un’operazione onerosa, gli aspetti da considerare prima di decidere sono parecchi. Il primo riguarda senz’altro l’obiettivo che si vuole raggiungere: ossia se il recupero degli anni deve servire per accelerare i tempi del pensionamento oppure aumentare la pensione. Nel primo caso il suggerimento è di fare bene i conti: bisogna valutare, cioè, se andare in pensione quattro o cinque anni prima del previsto compensa il mancato maggior profitto derivante da un diverso impiego della somma da pagare per il riscatto. Per non parlare poi delle singole disponibilità finanziarie e di tutti gli altri fattori squisitamente soggettivi, come la situazione familiare, che ciascuno deve considerare. Nel secondo, invece, la risposta è quasi sempre negativa, nel senso che il riscatto non è conveniente per aumentare l’importo della pensione.

Staccare prima. Vediamo qualche caso concreto in cui appare conveniente il riscatto della laurea:

a) 
l’operazione è utile se gli anni di laurea consentono di superare il limite di 18 al 31 dicembre 1995, previsto per poter avere la pensione per gran parte calcolata con il regime retributivo, invece che con quello misto. In questo caso si può beneficiare di un reale e consistente incremento della pensione;

b) 
l’operazione è utile se, grazie agli anni di studi, si arriva a raggiungere la pensione anticipata  prima del compimento dell’età pensionabile (66 anni e 7 mesi gli uomini e 65 anni e 7 mesi  le donne). Facciamo un esempio. Per riscattare quattro anni di università un cinquantacinquenne con 31mila euro di stipendio deve sborsare circa 45mila. Se per esempio il riscatto serve per acquisire il diritto alla pensione anticipata (cioè per raggiungere i 42 anni e 10 mesi di contributi, e lasciare il lavoro a 62 anni anziché a 66), la convenienza è evidente;

c) 
l’operazione è utile se, con l’aggiunta degli anni di università, si riesce a maturare il diritto alla pensione, per la quale è richiesto un minimo di 20 anni. Si pensi, per esempio, al caso di un lavoratore con 18 anni di contribuzione: recuperandone due di laurea si assicura il diritto alla pensione di vecchiaia, che altrimenti non avrebbe. Diritto che potrebbe raggiungere anche attraverso i versamenti volontari, ma in questo caso deve lasciar trascorrere il tempo (la volontaria non vale per il passato).

 

Le regole per il riscatto degli anni di laurea 

 

Sino al 2007

Dal 2008

Domanda di riscatto

Poteva essere presentata solo dopo aver versato almeno un contributo obbligatorio

Può essere presentata anche prima dell’inizio dell’attività lavorativa

 

Costo del riscatto

Aliquota contributiva obbligatoria (33% per i dipendenti) applicata allo stipendio annuo lordo, per il numero degli anni da recuperare

Stesso calcolo. Se invece richiesto prima dell’inizio dell’attività lavorativa si applica il 33% all’imponibile contributivo dei commercianti (15.548 euro nel 2016) e si moltiplica il risultato per il numero degli anni da riscattare

Pagamento rateale

Consentito fino a un massimo di 5 anni, con la maggiorazione degli interessi al tasso legale

Consentito fino a un massimo di 10 anni senza  interessi

Efficacia degli anni di università

Non computabili ai fini dell’anzianità richiesta per la pensione contributiva

Piena computabilità ai fini dell’anzianità richiesta per la pensione contributiva

Agevolazione fiscale

L’onere di riscatto può essere detratto solo dal reddito dell’interessato

Nel caso di soggetto privo di reddito tassabile, l’onere di riscatto può essere detratto dal reddito dei genitori

 

Gli esempi concreti. Le simulazioni realizzate per CorrierEconomia (supplemento di finanza e risparmio del Corriere della Sera) da Progetica (società indipendente di consulenza in pianificazione finanziaria e previdenziale) offrono alcuni esempi concreti per valutare la convenienza del riscatto. Normalmente, solo per chi ha iniziato a lavorare presto, verso i 25 anni, il riscatto può servire ad anticipare il pensionamento; per coloro che invece hanno iniziato stabilmente oltre i trent’anni invece, potrebbe non bastare per smettere prima. Nella tabella un trentenne di oggi, per il quale l’età di pensionamento è stimata a 70 anni e 4 mesi potrebbe staccare a 68 e 4 con un riscatto di tre anni di studi, e a 66 e 2 se questo è di cinque anni. Per un quarantenne che ha un’età di pensionamento stimata a 69 anni e 5 mesi, il riscatto di tre anni consentirebbe di anticipare a 66 e 2, quello di cinque anni a 63 e 11 mesi. L’ultimo caso è relativo infine a un cinquantenne che ha un’età di pensionamento stimata a 68 anni e tre mesi: riscattando tre anni potrebbe staccare a 66 e 2, con cinque potrebbe smettere di lavorare a 63 anni e 11 mesi. In tutti e tre i profili, il riscatto consente di anticipare il pensionamento perché sono state ipotizzate una data d’inizio lavoro a 25 anni e una vita lavorativa senza interruzioni contributive. Se si fosse cominciato dopo, l’effetto sarebbe stato molto minore o del tutto assente.