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PENSIONI: IL PRIMO FEBBRAIO L’ULTIMA FINESTRA PER L’OPZIONE DONNA

Ultimo giro per l’opzione donna. Per le lavoratrici autonome (artigiane, commercianti e coltivatrici dirette) nate nell’ultimo trimestre del 1957, il primo febbraio si apre l’ultima finestra di accesso al pensionamento anticipato, con decurtazione dell’assegno Inps. La recente approvazione della Legge di Bilancio non ha portato novità per le donne, che speravano in una proroga della sperimentazione sino al 31 dicembre 2018. Una richiesta avanzata da più parti, ma che il Governo ha respinto, bocciando tutti gli emendamenti presentati in tal senso nel corso dell'esame della manovra economica in Parlamento. Niente da fare, quindi, almeno sino alla prossima primavera. Se ne riparlerà (forse)  dopo le elezioni politiche.   

Vediamo di spiegare che cos’è “l’opzione donna”. La misura, prevista a esclusivo favore delle lavoratrici donne, appartenenti al settore pubblico e a quello privato, sia dipendenti che autonome, è stata introdotta in via sperimentale dalla riforma Maroni (legge n. 243/2004). E prevedeva che, fino al 31 dicembre 2015, le donne appartenenti al sistema misto di calcolo della pensione, potessero ancora continuare a conseguire il diritto all'(ex) pensione di anzianità, in presenza di almeno 35 anni di contributi e di un'età non inferiore a 57 anni se lavoratrici dipendenti, di 58 se lavoratrici autonome, all'unica condizione di optare per il calcolo contributivo dell’intera pensione.

Poiché rivolta alle donne in regime misto, la facoltà interessa esclusivamente coloro che si sono occupate prima del primo gennaio 1996 e che al 31 dicembre 1995 possono fare valere contributi inferiori a 18 anni (altrimenti, avrebbe avuto diritto a permanere nel regime retributivo, almeno per le anzianità fino al 31 dicembre 2011). Queste lavoratrici hanno diritto a una pensione il cui importo è determinato in parte con il sistema retributivo (anzianità fino al 31 dicembre 1995) e in parte con il contributivo (anzianità successive al 31 dicembre 1995). Se aderiscono all'opzione donna, in cambio dell'anticipo del pensionamento, devono rinunciare al calcolo con il criterio «retributivo» della quota di pensione relativa all'anzianità  maturata fino al 31 dicembre 1995.  

Alle lavoratrici in questione continua ad applicarsi il regime dello slittamento della decorrenza pensionistica (12 mesi per le dipendenti; 18 mesi per le autonome) nonché gli adeguamenti alla speranza di vita calcolata dall’Istat (3 mesi dal 2013 e 4 mesi dal 2016 per le nate nell'ultimo trimestre del 1958 o del 1957). Questo significa che una lavoratrice nata nel dicembre 1958 (1957 se autonoma) matura il diritto all'opzione nel luglio 2016 dato che bisogna considerare gli effetti di un adeguamento di 3 mesi nel 2013 e di altri 4 mesi nel 2016, un totale di 7 mesi. Calcolando la presenza della cosiddetta finestra mobile di 12 mesi (18 mesi se autonome) la prima decorrenza utile della pensione in regime di opzione è fissata al primo agosto 2017, ovvero al primo febbraio 2018 per le autonome.

Va detto, in proposito che una volta raggiunti i requisiti, è possibile presentare la domanda in qualsiasi momento, anche successiva all’apertura della finestra mobile, fermo restando l’obbligo di cessazione del rapporto di lavoro dipendente. Il che significa, per esempio, che la lavoratrice nata nel dicembre 1958 (o dicembre 1957, se autonoma) con prima decorrenza utile del trattamento, come detto, il primo agosto 2017 (primo febbraio 2018, se autonoma) può decidere di andare in pensione con l'opzione donna anche successivamente a tale data (per esempio nel 2018 o nel 2019), in quanto ha “cristallizzato“ il proprio diritto alla pensione.

Ma quanto si perde? In cambio dell’uscita anticipata dal lavoro, il trattamento spettante è interamente calcolato col sistema contributivo, basato sui contributi effettivamente accreditati e sfavorevole rispetto al sistema di calcolo retributivo, che invece si basa sulla media degli ultimi stipendi o redditi. Non esiste una penalizzazione fissa, perché il calcolo della pensione dipende da numerose variabili. Il taglio della pensione può arrivare anche sopra il 30%-35%, rispetto al trattamento calcolato col sistema retributivo

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