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CON IL BONUS MARONI STIPENDIO PIÙ ALTO PER CHI RINUNCIA A QUOTA 103

A volte ritornano. La legge di Bilancio 2023 ha previsto nuovamente la possibilità di ricevere il Bonus Maroni. E cioè l'incentivo per i lavoratori che perfezionano i requisiti per l’accesso alla “pensione flessibile” (cioè Quota 103, con almeno 62 anni di età e 41 anni di contributi) e che proseguono l’attività lavorativa. L’incentivo è pari alla contribuzione pensionistica trattenuta a carico del dipendente.

 

Retroattiva. Considerato che il beneficio poteva essere richiesto dal 1 aprile 2023, i lavoratori che hanno presentato la domanda di rinuncia dell’accredito contributivo entro il 31 luglio scorso possono chiedere che questa decorra dalla prima data utile di Quota 103.

Occorre ricordare che la data del 1 aprile 2023 si applica agli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria, alle forme sostitutive ed esclusive e alla gestione separata Inps. Per i pubblici dipendenti, invece, la rinuncia produceva effetti dal 1 agosto 2023, mentre negli altri casi scatta dal primo giorno del mese successivo.

 

Le precisazioni Inps. Con la circolare 82/2023, l’Inps ha precisato inoltre che il datore di lavoro è tenuto a versare la sola contribuzione a proprio carico e che viene sollevato da quella che sarebbe stata trattenuta al lavoratore. Ciò poiché quest’ultima è erogata in favore del dipendente e aumenta di fatto l’imponibile fiscale e il netto in busta.

La facoltà di rinuncia, attivata dal lavoratore, può essere revocata una sola volta da parte dell’interessato e avrà effetto dal primo giorno del mese successivo. Nelle ipotesi di variazione del datore di lavoro, la scelta di avvalersi dell’incentivo verrà comunicata dall’Inps a quello nuovo, on line tramite cassetto bidirezionale.

L’incentivo non viene più corrisposto in caso di rinuncia da parte del lavoratore, al raggiungimento dei requisiti ordinari per l’accesso all'assegno di vecchiaia o al conseguimento di una pensione diretta.

 

Nessun effetto sulla pensione. I periodi per i quali il lavoratore beneficia della “propria contribuzione”, che di fatto incrementa il netto in busta, comportano una riduzione dell’aliquota di finanziamento e di computo delle quote contributive. Ma non avrà alcun effetto sulla retribuzione pensionabile utilizzata per il loro calcolo.

L'incentivo incontra il limite dell’esonero contributivo, innalzato dal 1 luglio scorso al 7% per imponibili mensili fino a 1.923 euro e al 6% per quelli superiori e fino a 2.692 euro. Perciò, per un lavoratore del settore privato con un imponibile di 1.800 euro mensili, l’incentivo e l’abbattimento dell’accredito contributivo saranno pari al 2,19%, percentuale data dalla differenza tra il 9,19% applicato in via ordinaria e l’esonero del 7%.

 

I tempi. Il datore di lavoro potrà riconoscere l'incentivo solo a conclusione dell’istruttoria da parte dell’Inps, comunicata tramite cassetto bidirezionale.