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VOUCHER: SCATTA LA COMUNICAZIONE PREVENTIVA

La prestazione di lavoro accessorio dovrà essere preceduta di almeno sessanta minuti da una segnalazione operata dal committente, a mezzo sms o posta elettronica, con l’indicazione puntuale dei tempi e luoghi in cui sarà svolta l’attività. E’ questa, in sintesi, la guerra al lavoro nero (ma sarà così?) messa in atto dal Governo attraverso il recente decreto correttivo del Jobs Act, che ha integrato e modificato la disciplina del Decreto legislativo 81/2015 (nella foto il Ministro del lavoro Giuliano Poletti).

Bisogna dirlo prima. Ebbene, non si dovrà più far riferimento all’arco temporale, ma un riferimento puntuale che includa il giorno e l’ora d’inizio e fine dell’attività lavorativa svolta dal prestatore. Almeno un’ora prima dell’inizio della prestazione, i committenti imprenditori non agricoli o professionisti sono obbligati a comunicare alla sede territoriale competente dell’Ispettorato nazionale del lavoro:

1) i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore;

2) il luogo di esecuzione della prestazione;

3) il giorno e l’ora d’inizio;

4) il giorno e l’ora di fine.

La comunicazione deve avvenire a mezzo sms o posta elettronica. Il Ministero del lavoro, che dovrà dettare in seguito le modalità applicative, potrà  rendere disponibili ulteriori sistemi di comunicazione.

Imprenditori agricoli. Diversa la situazione per gli addetti al settore agricolo. Il nuovo decreto mantiene il riferimento all’arco temporale unicamente in favore degli imprenditori agricoli, che sono obbligati a comunicare:

1) i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore;

2) il luogo di esecuzione della prestazione;

3) la durata della prestazione con riferimento ad un arco temporale non superiore a sette giorni.

La comunicazione dovrà comunque essere effettuata, anche in questo caso, almeno 60 minuti dell’inizio della prestazione e sempre a mezzo sms o posta elettronica.

Vincoli eccessivi. Dai dati statistici risulta che solo il 2,2% dei lavoratori percepisce con i voucher compensi superiori a 3mila euro annui. Questa dovrebbe essere la prova inconfutabile che si tratta davvero di “lavoro accessorio” che, prima della liberalizzazione dei voucher era svolto magari “in nero”; e tornerà a esserlo se si rimettono eccessivi vincoli al loro utilizzo.