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"IL WELFARE? GENEROSO, MA VULNERABILE"

"Nel pieno di una campagna elettorale nella quale promesse e proclami si sono concentrati sul tema delle pensioni e dell’assistenza, argomenti che interessano da vicino un’ampia platea di potenziali elettori, come i 16,1 milioni di pensionati italiani (più di 8 dei quali totalmente o parzialmente assistiti dallo stato) o, ancora, quanti anelano alla giusta quiescenza, diventa quanto mai indispensabile fare chiarezza grazie ai numeri. Numeri che evidenziano innanzitutto come, al di là dell’opinione comune supportata dai dati Istat, la dinamica della spesa per le pensioni sia assolutamente sotto controllo".

Ad affermarlo è Alberto Brambilla, presidente del centro studi e ricerche Itinerari Previdenziali, che anche quest'anno ha presentato il suo rapporto sul settore, giunto ormai alla quinta edizione. Il documento, denominato Il Bilancio Previdenziale italiano. Andamenti finanziari e demografici delle pensioni e dell’assistenza per l’anno2016 e realizzato con il patrocinio del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, è stato presentato mercoledì scorso al governo e alle commissioni parlamentari (nella foto, una fase del convegno di presentazione). Il rapporto ha da un lato evidenziato che la situazione delle spese per le pensioni è, appunto, sotto controllo, dall'altro che quella per l'assistenza è insostenibile. In un affresco complesso, che vede dunque un welfare "generoso, ma vulnerabile".

Previdenza e assistenza. I numeri: il 2016 fa segnare un calo dei cittadini che percepiscono la pensione (che si riduce di quasi 115.000), mentre il rapporto attivi/pensionati tocca 1,417, dato migliore dal 1997 (primo anno utile al confronto) e la spesa, dal 2015 al 2016, è praticamente stabile (+0,22%). Anche se aumenta il rapporto tra prestazioni in pagamento e numero di pensionati.

D'altra parte, i costi per l'assistenza: i costi a carico delle fiscalità generale sono cresciuti di 3,7 miliardi rispetto al 2015. In totale, la spesa per prestazioni sociali in Italia incide per il 54,44% sull’intera spesa pubblica: l’incidenza rispetto al Pil, considerando anche altre funzioni sociali e le spese di funzionamento degli enti che gestiscono il welfare, arriva a 29,26%, uno dei valori top in Europa. Mentre, intanto, stando alle dichiarazioni ai fini Irpef sui redditi 2015, oltre la metà (50,9%) degli italiani risulta senza reddito: a ogni dichiarante, dunque, corrispondono 1,488 abitanti che, nella maggior parte dei casi, sono persone a carico.

Fornero o non Fornero? Il quinto rapporto evidenzia, dunque, luci e ombre. Quali sono le prospettive? Il dibattito elettorale, si legge in una nota di Itinerari Previdenziali, ha concesso molto spazio all'eventuale abolizione della legge Fornero; il rapporto consiglia di continuare a puntare su politiche che premino fedeltà contributiva e lunghe carriere: in questa prospettiva, si legge, l’indicizzazione dell’età di pensionamento resta requisito irrinunciabile per l’equilibrio del sistema, da affiancare però alla reintroduzione di elementi di flessibilità in uscita. A questo proposito, dice Brambilla, "si dovrebbe in prima battuta sganciare l’anzianità contributiva dall’aspettativa di vita, caratteristica tutta italiana introdotta dalla riforma Fornero, prevedendo un massimo di 41 anni e mezzo di contribuzione (di cui non più di tre di tipo figurativo) e un’età minima pari a 63 anni. Senza dimenticare poi, la necessità di ripensare anche l’intera organizzazione del lavoro, ferma in Italia a oltre 20 anni fa, tenendo anche conto dell’invecchiamento attivo e del contributo che i pensionati stessi possono offrire all’intera comunità mettendo al servizio, soprattutto dei più giovani, le proprie competenze ed esperienze".

Alberto Mazza

https://www.itinerariprevidenziali.it