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CONTRATTI DEL PUBBLICO IMPIEGO, AUMENTI ANCHE PER I PENSIONATI

Il rinnovo dei contratti per i dipendenti pubblici avrà effetti anche sulla misura della pensione del personale già collocato a riposo e sulla buonuscita, sebbene in misura più contenuta.  L’intesa raggiunta tra Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni) e organizzazioni sindacali, per gran parte del pubblico impiego determinerà, infatti, un incremento dei trattamenti previdenziali del personale che è cessato o che cesserà dal servizio durante la vigenza del nuovo accordo economico. Dopo nove anni con le retribuzioni bloccate, al pubblico impiego viene così riconosciuto il diritto di un piccolo recupero del potere d’acquisto perso in questi anni.

Una pensione più alta. I nuovi Ccnl prevedono che i benefici economici previsti dovranno essere computati integralmente ai fini previdenziali secondo gli ordinamenti vigenti, alle scadenze e negli importi previsti, nei confronti del personale comunque cessato dal servizio, con diritto a pensione, nel periodo di vigenza del nuovo contratto. Vale a dire che tutto il personale cessato tra il primo gennaio 2016 e il 31 dicembre 2018 avrà diritto all'aggiornamento della base pensionabile su cui si computa la misura del trattamento pensionistico.  In sostanza:

1) i lavoratori che sono cessati tra il primo gennaio e il 31 dicembre 2016 otterranno il ricalcolo della propria pensione dal primo gennaio 2016, dal primo gennaio 2017 e dal primo marzo 2018;

2) chi ha cessato tra il primo gennaio e il 31 dicembre 2017, avrà il ricalcolo dal primo gennaio 2017 e dal primo marzo 2018;

3) chi è andato in pensione tra il primo gennaio e il 28 febbraio 2018 si vedrà ricalcolata la pensione dal primo marzo 2018.

Il conteggio finale comprenderà così  l’intero importo dell’aumento contrattuale riconosciuto nel triennio 2016-2018., anche se i benefici economici possono decorrere da un momento successivo a quello della data di pensionamento.

Complessivamente, i pensionati del triennio 2016-2018 otterranno un beneficio medio retributivo di circa 80-90 euro al mese (l’entità dipende dal singolo comparto e dalla posizione del lavoratore) che si trascineranno quindi anche sulla pensione.

Nulla ovviamente è dovuto nei confronti di quanti erano già in pensione al primo gennaio 2016 che non sono rientrati nel perimetro di applicazione del nuovo contratto.

Buonuscita. Discorso diverso, invece, per quanto riguarda la buonuscita, cioè il Tfs o il Tfr a seconda del regime applicabile. I contratti siglati prevedono che a fini dell’indennità di buonuscita o altri analoghi trattamenti, nonché del trattamento di fine rapporto, dell’indennità sostitutiva del preavviso e dell’indennità ai superstiti in caso di decesso (di cui all’articolo 2122 del Codice civile) si considerano solo gli aumenti maturati alla data di cessazione del rapporto di lavoro.

Questo vuol dire che sarà valida la retribuzione, comprensiva degli aumenti contrattuali, in vigore alla data di cessazione. Pertanto i pensionati nel 2016 avranno titolo al ricalcolo dell’indennità solo con riferimento alle voci pensionabili relative al primo aumento, scattato il primo gennaio 2016 ma non di quelli corrisposti dopo la cessazione del rapporto di lavoro.

I pensionati nel 2017 avranno diritto al ricalcolo dell’indennità con riferimento alle voci pensionabili vigenti dal primo gennaio 2017. In sostanza, ai fini della buonuscita i pensionati nel 2016 e nel 2017 intascheranno ben poco perché gli aumenti corrisposti nel primo biennio risultano di modesta entità, una quota poco significativa di quello che è l’aumento contrattuale a regime.

Ci pensa l’Inps. Il ricalcolo dei trattamenti previdenziali avverrà d’ufficio da parte dell’Inps, senza bisogno che il pensionato presenti un’apposita istanza. Occorrerà avere però molta pazienza perché le pratiche da elaborare sono moltissime e potrebbero essere necessari diversi mesi prima che vengano gestite.

www.aranagenzia.it

www.inps.it

Leonardo Comegna