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RIFORMA PENSIONI, FLESSIBILITÀ IN USCITA DAI 62 ANNI

Una flessibilità in uscita che consenta di uscire dal mondo del lavoro dai 62 anni di età. E’ il punto focale suggerito dalla Uil per fronteggiare le ricadute occupazionali dovute all’epidemia da Coronavirus, che inducono a specifici interventi sul versante previdenziale.

Fuori a 62 anni. Oggi più che mai, ha sottolineato il segretario confederale della Uil Domenico Proietti, in un’audizione tenuta nei giorni scorsi presso la commissione Lavoro del Senato, servirebbe una vera riforma delle pensioni che tuteli i lavoratori più anziani e permetta loro di accedere alla quiescenza. Specie per quanti hanno perso il lavoro o lo perderanno proprio a causa di questa pandemia.

Allineamento all’Europa. Una flessibilità di uscita intorno a 62 anni, oltre a riallineare il sistema previdenziale italiano a quello che avviene in Europa, si configura come uno strumento importante per garantire una tutela alle persone che saranno espulse dal mercato del lavoro a causa delle conseguenze economiche della pandemia.

In realtà, continua Proietti, la riforma avrebbe dovuto partire dalla flessibilità in uscita già prima del Covid 19. Ora si spera che l’emergenza sanitaria e i suoi riflessi sul mondo del lavoro fungano da spinta per mettere mano alla riforma previdenziale, in cui peraltro servirebbero ulteriori misure per i pensionati.

Pensioni in essere. Secondo il Segretario confederale della Uil sarebbe inoltre assolutamente necessario, nell’ambito dei molteplici interventi di sostegno ai redditi, prevedere una misura a favore delle pensioni in essere estendendo il beneficio della quattordicesima a quelle fino a 1.500 euro mensili (oggi 13.338 euro).

Non solo, il contenimento della spesa del nostro sistema previdenziale crea un problema di adeguatezza delle pensioni che, per oltre il 60%, sono al di sotto i 750 mensili. A cominciare dall’eliminazione del blocco della perequazione, l’aggiornamento annuale al costo della vita.

 

www.uil.it