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SALE LA DISOCCUPAZIONE, PER I GIOVANI ARRIVA AL 40%

La disoccupazione a novembre è salita all'11,9% registrando un aumento di 0,2 punti percentuali su base mensile, raggiungendo il livello più alto da giugno del 2015. La stima dei disoccupati è in aumento (+1,9%, 57mila senza lavoro in più), dopo il calo dello 0,6% registrato nel mese di ottobre. Preoccupante la situazione dei giovani che sfiorano il 40%. Lo dice l’Istat (nella foto il presidente Giorgio Alleva), secondo cui l'aumento è attribuibile a entrambi i generi (uomini e donne) e si distribuisce tra le diverse classi di età, a eccezione degli ultracinquantenni.  Insomma, i disoccupati diminuiscono, sia pur di poco, ma solo tra i lavoratori “anziani”.

I numeri. Nel mese di novembre la stima degli occupati è in lieve crescita rispetto a ottobre (+0,1%, pari a 19 mila unità). Come accennato, l'aumento riguarda le donne e gli ultracinquantenni. Aumentano anche gli indipendenti, mentre calano i lavoratori a termine. Il tasso di occupazione è pari al 57,3%, in aumento di 0,1 punti rispetto a ottobre. I dati mensili confermano un quadro di sostanziale stabilità dei livelli complessivi che si protrae da alcuni mesi. Nel periodo settembre-novembre si registra un lieve calo degli occupati rispetto al trimestre precedente (- 0,1%, meno 21 mila). Il calo interessa soprattutto gli uomini e i giovani tra i 15 e 49 anni (poco più di un giovane su dieci è disoccupato).

Più occupati e più disoccupati. La maggiore partecipazione al mercato del lavoro a novembre, in termini sia di occupati sia di persone in cerca di lavoro, si associa al calo degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (meno 0,7%, pari a 93 mila), che interessa entrambi i generi e tutte le classi di età. Il tasso d’inattività scende al 34,8%, in diminuzione di 0,2 punti percentuali. Se si allarga l'osservazione al trimestre settembre-novembre, appare chiara la caratteristica di questa fase del mercato del lavoro. Una stazionarietà degli occupati, esaurita la spinta che si era vista nei mesi scorsi grazie agli sgravi contributivi: in altre parole, finiti gli incentivi si riducono le assunzioni. Non solo, nessuna riforma del lavoro può funzionare fino a che i consumi restano fermi. Insomma, sino  a che le famiglie non acquistano, le imprese non vendono e non necessitano, quindi, di lavoratori aggiuntivi.

www.istat.it