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PENSIONI, COSÌ GLI AUMENTI NEL 2019

Per i pensionati, a partire da gennaio il vitalizio sarà un pochino più pesante. Mentre s’infervora il dibattito su una possibile rimozione (o superamento) della riforma Fornero, la vita continua. Il modesto incremento (1%) previsto per il 2019 è dovuto alla cosiddetta perequazione automatica, quella che un tempo chiamavamo “scala mobile”.  E’ un buona notizia soprattutto per i trattamenti medio-alti. Il 31 dicembre 2018 cessa la disciplina transitoria, introdotta dalla Legge finanziaria 2014, dopo il blocco totale della perequazione stabilito dal famoso decreto “salva Italia” per gli anni 2012 e 2013, che ha compresso la rivalutazione. Una restrizione che originariamente doveva durare sino al 31 dicembre 2016, ma che è stata prorogata di un ulteriore biennio con la Legge di Bilancio 2016.

Nel frattempo l’Inps deve prepararsi al rinnovo dei mandati di pagamento per il nuovo anno, sulla base di un dato provvisorio che dovrà essere indicato nel corso del mese di novembre da un apposito decreto del Ministro dell’Economia (di concerto con il Ministro del Lavoro). Stando ai nostri calcoli basati sugli ultimi dati Istat, il valore dovrebbe essere appunto pari all’1%: l’indice è costruito sulla base del dato medio registrato lo scorso settembre.

Cos’è la perequazione. Si tratta dell’automatismo che consente l'adeguamento delle pensioni al costo della vita Istat, in modo da salvaguardarne il reale potere d'acquisto. Negli anni 2012 e 2013, la riforma Fornero ha attribuito la rivalutazione al 100% solo alle pensioni fino a tre volte il minimo; nulla a quelle d'importo superiore. Nel 2014 l'aumento è stato dell'1,2%. Nel 2016 e 2017 l'Istat è stato negativo, per cui non c'è stato aumento. Nel 2015, invece, avrebbe dovuto esserci un recupero (a debito) sulle pensioni, perché l'indice di rivalutazione provvisorio (0,3%) risultò superiore a quello definitivo (0,2%).

Pertanto, nel 2016 si sarebbe dovuta applicare una “trattenuta” dello 0,1% moltiplicato per le 13 mensilità erogate nel 2015. Si trattava d'importi modesti: tra 16 e 20 euro per pensioni lorde mensili tra 1,4 mila e 3 mila euro. Ma prima la Legge di Stabilità 2016 e poi il provvedimento “Milleproroghe” del 2017 hanno rinviato il recupero al 2017 e poi al 2018, nella speranza che la ripresa dell'inflazione riuscisse a compensare l'effetto negativo sugli assegni. E così è stato. Il recupero è infatti avvenuto all’inizio di quest’anno, in unica soluzione sulla mensilità di gennaio per gli importi fino a 6 euro, in due rate di pari importo sulle mensilità di gennaio e febbraio per i conguagli di importo superiore a 6 euro.

Pensioni minime. Con l’incremento dell’1%, l’importo del trattamento minimo sale da 507,42 a 512,49 euro al mese. Certo non è facile convincere un anziano che l’anno prossimo il suo assegno Inps aumenterà di soli 5 euro, perché l’Istat sostiene che i prezzi del supermercato non sono aumentati. In seguito all’aggiornamento, sale anche l’assegno sociale, la rendita assistenziale corrisposta agli ultrasessantacinquenni privi di altri redditi, introdotta dalla riforma Dini del 1995 in sostituzione della “vecchia” pensione sociale: passa da 453 a 457,53 euro al mese. Mentre la pensione sociale, ancora prevista per i titolari della stessa al 31 dicembre 1995, raggiunge 377,06 euro al mese.

Sopra il minimo.  Con la scadenza del periodo transitorio di cui si è detto sopra, dal primo gennaio 2019 le pensioni torneranno a essere indicizzate all'inflazione in base alla disciplina precedente alla Riforma Fornero. La disposizione che risale al 2001 ha suddiviso la perequazione in tre fasce all'interno del trattamento pensionistico complessivo e l'adeguamento viene concesso:

1) in misura piena, cioè al 100%, per le pensioni fino a tre volte il trattamento minimo;

2) al 90% per gli importi compresi tra tre e cinque volte il trattamento minimo;

3) al 75% per i trattamenti superiori a cinque volte il minimo.

Di conseguenza, l’aumento per l’anno prossimo sarà così articolato:

1) 1% (ossia l’aliquota intera) sulla fascia di pensione mensile sino a 1.523 euro (3 volte il minimo di dicembre 2018);

2) 0,90% (90% dell’incremento) sulla fascia compresa tra 1.523 e 2.038 euro (5 volte il minimo 2018);

3) 0,75% (75% dell’aliquota di aumento) sulla quota mensile eccedente lire 3.608.000 (5 volte il minimo 2018).

Con il ritorno al passato sarà ripristinato anche il sistema che vede l'applicazione della rivalutazione su fasce d'importo, e non più a scaglioni singoli d’importo: un “escamotage” questo che produceva una ulteriore perdita, sebbene lieve, del valore dell'assegno nel tempo.

 

Così le pensioni nel 2019

Trattamento minimo

€ 512,49

 

Assegno sociale

€ 457,53

 

Pensione sociale

€ 377,06

 

… superiori al minimo

 

Importo della pensione al dicembre 2018

Aumento

Fino a € 1.523

+ 1,00% (100% Istat)

Da € 1.523 a € 2.038

+ 0,90% (90% Istat)

Oltre € 2.038

+ 0,75% (75% Istat)

 

 

www.istat.it

Leonardo Comegna