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LAVORATRICI CO.CO.CO., CONGEDO DI MATERNITÀ PIÙ LUNGO

Congedo parentale più lungo e stop al divieto per le madri di lavorare durante la fruizione dell'indennità di maternità, per gli iscritti alla Gestione separata Inps. I Co.co.co. e i professionisti senza una propria cassa, infatti, hanno diritto all'indennità di maternità (o di paternità), per 5 mesi, 2 prima e 3 dopo la data presunta di parto, anche se continuano a lavorare. Lo dice l’Inps (Circolare numero109/2018) a commento della nuova legge (n. 81/2017), il cosiddetto Jobs act del lavoro autonomo, che sulla tutela della maternità ha di fatto equiparato i parasubordinati ai dipendenti.

Congedo parentale. Due sono le modifiche rispetto alla previgente normativa. La prima riguarda il prolungamento della durata, da 3 a 6 mesi, con la possibilità di fruire del congedo non solo entro il primo anno di vita del bambino, ma fino al terzo anno di vita, entro un tetto massimo di 6 mesi di congedo complessivamente utilizzabili dai genitori, anche se fruiti in altra gestione o cassa di previdenza.

Se il congedo viene utilizzato entro il primo anno di vita del bambino, inoltre, non è più necessario verificare il requisito di almeno 3 mensilità di contribuzione addizionale (la maggiorazione di 0,72% sull’imponibile) nei 12 mesi precedenti i due prima del parto. In pratica, viene riconosciuto anche alle lavoratrici che non abbiano titolo all’indennità di maternità. Per conseguirlo è sufficiente che risultino accreditate almeno tre mensilità con contribuzione maggiorata nei dodici mesi precedenti l’inizio del periodo indennizzabile richiesto.

Gli stessi requisiti valgono nei confronti delle lavoratrici che chiedono l'indennità di congedo parentale tra il primo e il terzo anno di vita del bimbo. Insomma in queste fattispecie il requisito contributivo per il congedo parentale non è più legato a quello sulla base del quale si riconosce il diritto all’indennità, ma diventa autonomo e deve, quindi, essere accertato in occasione di ciascuna richiesta d’indennità di congedo parentale. La misura del trattamento economico di congedo parentale resta pari al 30% del reddito preso a riferimento per la determinazione dell'indennità di maternità (ovvero il 30% del reddito percepito nell'anno antecedente il periodo indennizzabile).

Flessibilità del congedo. Nel caso voglia fruire della cosiddetta flessibilità del congedo di maternità, la lavoratrice non è più tenuta a produrre all'Inps la certificazione medica (stato di salute suo e di non pericolo per il nascituro), che deve comunque acquisire prima dell'inizio della flessibilità e fare avere al committente (datore di lavoro). Resta invece obbligatorio comunicare all'Inps la scelta della flessibilità, in modo da consentire la verifica dei tre mesi di contribuzione nel periodo dei dodici precedenti l'inizio del (diverso) periodo di congedo obbligatorio.

Interdizione dal lavoro. In presenza di provvedimenti di autorizzazione all'interdizione anticipata e prorogata dal lavoro, resta obbligatoria l'astensione dal lavoro. Pertanto, in assenza di effettiva astensione, l'Inps non eroga l'indennità.

Congedo facoltativo. Come si è visto, dal 14 giugno 2017 i mesi di congedo parentale sono passati da tre a sei e inoltre il periodo per la fruizione è salito da uno a tre anni di vita del bambino. Tra i due coniugi, però, il congedo parentale indennizzato non può superare sei mesi complessivi. Esempio: se il padre, lavoratore dipendente, ha fruito di 4 mesi indennizzati, alla madre iscritta alla Gestione separata resta la possibilità di fruire di 2. Se la madre è genitore solo e ha fruito, come co.co.co. di 6 mesi di congedo indennizzato (non si applica la regola del “genitore single”), divenendo successivamente lavoratrice dipendente (cui si applica la tutela del “genitore solo”) potrà fruire di ulteriori 4 mesi di congedo.

www.inps.it

Leonardo Comegna