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JOBS ACT AUTONOMI, SI FA STRADA IL LAVORO AGILE

Dal primo settembre al 31 dicembre 2018, in via sperimentale, 12mila lavoratori di un grande operatore telefonico possono, per un giorno alla settimana, aderire volontariamente al “lavoro agile” (introdotto dal Jobs Act degli autonomi, legge n. 81/2017). Potranno quindi prestare la loro attività, tramite pc o smartphone, rimanendo a casa loro. Cresce sempre di più il numero di aziende che opta per flessibilità di orario e riprogettazione degli spazi fisici. Conciliare, innovare e competere: sono questi i tre diversi obiettivi, apparentemente antitetici, dello smart working” che si configura come un nuovo approccio all’organizzazione aziendale, in cui le esigenze individuali del lavoratore si contemperano, in maniera complementare, con quelle dell’impresa.

Che cos’è. Il lavoro agile è un normale contratto di lavoro subordinato (dipendente) che si caratterizza con lo scopo di incrementare la produttività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e lavoro, in forma flessibile. Non è altro che una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato. Un pò come è stato il «lavoro a progetto», che non era una nuova co.co.co., ma un sistema di esecuzione della collaborazione coordinata e continuativa. In pratica, è una prestazione di lavoro subordinato (quindi contratto di lavoro dipendente a tutti gli effetti), che si svolge con le seguenti modalità:

1) esecuzione della prestazione lavorativa solo in parte all'interno dei locali aziendali e con i soli vincoli di orario massimo derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva;

2) possibilità di usare gli strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività lavorativa;

3) assenza di una postazione fissa durante i periodi di lavoro svolti al di fuori dei locali aziendali.

Come detto, per prestare l'attività il lavoratore impiega strumenti tecnologici propri oppure assegnatigli dal datore di lavoro: in quest’ultimo caso lo stesso datore di lavoro è responsabile della loro sicurezza e buon funzionamento.

Occhio alla produttività. Il fine della nuova normativa è anche di incrementare la produttività del lavoro. La legge, infatti, stabilisce espressamente che gli incentivi di carattere fiscale e contributivo oggi riconosciuti in relazione agli incrementi di produttività ed efficienza del lavoro, come ad esempio la detassazione e la decontribuzione dei premi di produttività, spettano anche sulle quote di retribuzione pagate come controprestazione dell'attività in modalità di lavoro agile, ivi comprese le quote di retribuzione oraria.

Ci vuole l’accordo. La disciplina del lavoro agile vincola il tutto a un accordo. Lo svolgimento della prestazione lavorativa, infatti, può avvenire soltanto in base alla previsione di specifica regolamentazione in un accordo scritto tra le parti, ossia tra datore di lavoro e lavoratore. L'intesa, tra l'altro, deve definire le modalità di esecuzione della prestazione fuori dai locali aziendali, anche con riferimento agli strumenti utilizzati dal lavoratore, e deve individuare le fasce orarie di rispetto dei tempi di riposo del lavoratore (il cosiddetto diritto alla disconnessione).

Durata. Il lavoro agile potrà avere una durata indeterminata o determinata; il contratto quindi potrà essere stipulato a termine o a tempo indeterminato. Durante il periodo di validità, ciascuno dei contraenti potrà recedere prima della scadenza del termine nel caso di accordo a termine. Mentre nel contratto a tempo indeterminato, se non c'è giustificato motivo, per il recesso unilaterale occorre un preavviso (espressamente indicato nell'accordo), e comunque non inferiore a trenta giorni (novanta per i lavoratori disabili).

Tele lavoro e lavoro agile. Nonostante i termini siano spesso utilizzati come se fossero perfettamente interscambiabili tra loro, il telelavoro e il lavoro agile non sono concetti del tutto sovrapponibili tra loro. Il secondo nasce come evoluzione, nella direzione di una maggiore flessibilità, del primo. Al momento del suo debutto (2002), il telelavoro prevedeva postazioni fisse dalle quali svolgere le proprie mansioni, opportunità pensata per venire incontro soprattutto alle esigenze di particolari categorie di lavoratori (ad esempio i disabili); non è di fatto ancora concepito come un vero strumento di flessibilità organizzativa per azienda e dipendenti. Lo smart working, viceversa, punta proprio in questa direzione. Viene infatti mantenuto il fondamento del lavoro al di fuori dell’ufficio, cui si aggiungono tuttavia maggiori aspetti di flessibilità nello svolgimento della prestazione lavorativa, sia sul fronte degli orari sia su quello dei luoghi. Nonostante diversi punti siano ancora da chiarire, la soluzione lavoro agile si sta progressivamente diffondendo, sulla base di iniziative aziendali con i singoli lavoratori o in forma collettiva attraverso specifiche intese sindacali. Secondo i dati diffusi dall’Osservatorio del  Politecnico di Milano, il lavoro agile è già praticato da oltre il 30% delle grandi aziende.