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ETÀ PENSIONABILE, LE MISURE IN DISCUSSIONE

La riforma Fornero va “smontata”. I nostri tecnici stanno lavorando attorno all’ormai famosa “quota 100”, la somma dell’età di pensionamento e quella dell’anzianità contributiva. Non solo: la pensione anticipata potrà essere percepita dopo 41 anni e mezzo di contributi, a prescindere dalla carta d’identità. È questo, in sintesi, il “pacchetto pensioni” annunciato nell’intervista rilasciata ieri sera a “Porta a Porta” dal vice-premier Matteo Salvini. Le novità saranno inserite nella manovra economica d’autunno il cui testo, prima di approdare in Parlamento, sarà sottoposto all’esame contabile dell’Unione europea.

Pensionamento anticipato. In pensione a 62 anni (e non 64, come era stato detto in un primo momento) già dal 2019, per scendere progressivamente e arrivare nel 2021 alla “quota 100”. Dal 2021 si potrà lasciare il lavoro con 60 anni d’età e 40 di contributi previdenziali. Anche perché ha sottolineato il ministro, confrontandosi con medie e grandi aziende, i tecnici hanno calcolato che il diritto alla pensione di un 62enne, vale un posto di lavoro e mezzo in più per un giovane. Molti imprenditori garantiscono che se potessero alleggerirsi della manodopera più anziana tornerebbero subito a occupare più giovani. Una parte dei costi verrebbe quindi riassorbita rapidamente dai maggiori contributi versati.

Precoci. Per favorire il pensionamento anticipato, sempre allo scopo di liberare posti di lavoro per i giovani, la “quota 100” verrà affiancata dalla possibilità incassare l’assegno Inps con 41 anni e mezzo di versamenti (e non 42, come ventilato in un primo momento). Una misura promessa soprattutto ai “precoci”, cioè a coloro che hanno cominciato a lavorare (e versare contributi) da giovanissimi. Insomma, il leader della Lega è determinato a smontare” (come lui stesso ha affermato) definitivamente la legge Fornero, cominciando a darle una spallata molto forte già nel 2019.

Buona parte delle risorse che deriveranno dalla prossima manovra di bilancio, circa 8 miliardi di euro (5 o 6, con alcuni accorgimenti per limitare il costo), servirà dunque alla riduzione dell’età di pensionamento. Anche a costo di posticipare di un anno, se alla fine proprio non ci fossero margini di bilancio, la pur sempre importante promessa di riduzione dell’Irpef. Vi è da dire che i costi potrebbero essere inferiori, tenuto conto di altri due vincoli importanti che resterebbero anche se passasse la quota 100 dai 62 anni, ossia: il ricalcolo dell’assegno col sistema contributivo dal 1996 e la possibilità di usare al massimo due anni di contributi figurativi per raggiungere il montante. Paletti importanti che potrebbero effettivamente abbassarne il costo.

Pensione donna. Momentaneamente accantonata, ma non dimenticata è la proroga della famosa “Opzione donna”, che consente alle lavoratrici di andare in pensione a 57 anni di età (58 le autonome) e 35 di contributi, accettando una penalizzazione sull’assegno che verrebbe calcolato esclusivamente con il meno vantaggioso metodo contributivo. Peraltro, come ha più volte sottolineato l’ex ministro del lavoro Cesare Damiano, la riapertura della “pensione anticipata rosa non dovrebbe presentare problemi di spesa. Sarebbe infatti finanziata dai risparmi ottenuti dalla differenza tra le risorse a suo tempo stanziate e quelle effettivamente utilizzate. Ma per le pensioni delle donne l’unica strada percorribile non sembra essere solo quella della proroga di Opzione donna. Lo sa bene il Comitato Opzione donna social, che da mesi si sta battendo per il riconoscimento dei lavori di cura, ossia il riconoscimento del lavoro di assistenza svolto dalle donne all’esterno dell’ambito professionale, che dovrebbe favorire un accesso agevolato alla pensione in virtù proprio della difficoltà di conciliare vita lavorativa e familiare.

www.inps.it

Leonardo Comegna