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DECRETO DIGNITÀ, MINIRIFORMA DEL LAVORO

Stretta sui contratti a termine, con l’Inps che farà il cane da guardia sui costi. Il limite massimo di durata dei contratti si riduce da 36 a 24 mesi. E ogni rinnovo a partire dal secondo, avrà un costo contributivo crescente dello 0,5%. Ridotte da cinque a quattro le possibili proroghe. Inoltre, gli stagionali saranno esclusi dall'obbligo di una causale per proroghe e rinnovi dei contratti. E’ questo il succo dell’ormai famoso decreto Dignità (dl n. 87/2018) pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 13 luglio.

 

Stretta sul contratto a termine. Le novità sui contratto a tempo determinato previste dal decreto si applicano non solo ai nuovi rapporti a termine, ma anche ai rinnovi (riassunzioni a termine) e alle proroghe di contratti in corso. La prima novità riguarda l'abrogazione, quasi totale, del principio della libertà di assumere a termine. Il contratto a termine potrà infatti essere stipulato:

  • liberamente, senza dover dare giustificazione, se il rapporto è di durata fino a 12 mesi;

  • in modo condizionato se la sua durata è superiore a 12 mesi, e comunque fino a 24 - oltre non si può andare, pena la trasformazione a tempo indeterminato - cioè in presenza di una causale di legge.

 

Le causali. Rappresentano la seconda novità. Se il contratto a termine prevede una durata superiore a 12 mesi (e fino a 24 mesi), l'assunzione dovrà essere giustificata da una delle causali individuate dallo stesso decreto, e cioè: esigenze temporanee e oggettive, estranee all'attività ordinaria, o necessità di sostituire altri lavoratori; esigenze collegate a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria. Stessa necessità di causale, inoltre, è prevista, sempre, in ogni caso di rinnovo del contratto a termine, a prescindere dalla durata.

In caso di proroga di un contratto a termine, invece, la causale è necessaria solo se il rapporto di lavoro, con la proroga, supera la durata complessiva di 12 mesi.

 

Esonerati gli stagionali. La versione definitiva del decreto contiene una deroga per gli stagionali. Nelle ipotesi di rinnovi e di proroghe, quando il contratto a termine riguarda una delle attività previste dal dpr n. 1525/1963, non è richiesta la presenza di una causale. La deroga, come detto, riguarda solo i rinnovi - che altrimenti la richiedono sempre, a prescindere dalla durata totale del rapporto a termine - e le proroghe che altrimenti richiedono la causale solo se la durata totale del rapporto a termine supera i 12 mesi. Non riguarda, invece, l'altra ipotesi per la quale le nuove regole richiedono la presenza di una causale: la stipula di un contratto a termine di durata superiore a 12 mesi (e fino a 24 mesi). In questo caso, infatti, non è prevista l'eccezione: per questo, se si vuole assumere uno stagionale a termine per oltre un anno, ci vuole la causale.

 

Addizionale. Altra novità è l'aumento progressivo dell'addizionale, attualmente fissata all'1,4%. Dal 14 luglio, è salita dello 0,5% per ogni contratto a termine successivo al primo, anche in somministrazione. Ma solo in caso di rinnovi, non di proroghe.

Più tempo per i ricorsi. Altra novità riguarda l'allungamento dei termini a disposizione dei lavoratori per impugnare il contratto a termine. In base alle norme precedenti, si deve agire entro 120 giorni dalla cessazione del contratto, con qualsiasi atto scritto (anche extragiudiziale) idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore, anche con ausilio del sindacato. Il termine passa ora a 270 giorni.

Licenziamenti più costosi. Infine, cresce del 50% dell'indennizzo previsto per l'ipotesi di licenziamento in assenza di giustificato motivo oggettivo (i cosiddetti “licenziamenti economici”), in seguito all'entrata in vigore del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. Secondo la disciplina precedente, l'indennità risarcitoria varia tra 12 e 24 mensilità; con le nuove norme potrà arrivare anche a 36 mensilità.

Leonardo Comegna


 

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