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ASSEGNO SOCIALE, NEL 2019 L’ETÀ SALE A 67 ANNI

A partire dall’anno prossimo l’età per incassare l’assegno sociale, la prestazione a favore dei soggetti anziani privi di  redditi, salirà a 67 anni. Per effetto dell’innalzamento del requisito anagrafico, a decorrere dal primo gennaio 2019, anche gli assegni assistenziali spettanti agli invalidi civili resteranno tali sino al compimento del 67° anno di età del soggetto invalido: poi si trasformano in assegno sociale. Lo ricorda l’Inps con un’apposita nota (messaggio n. 4570/2018), in cui sottolinea che il nuovo riferimento anagrafico riguarda l’anno 2019. In pratica quanti compiono l’età prevista dalla normativa attualmente vigente (66 anni e 7 mesi) entro il 31 dicembre 2018, hanno diritto alla prestazione anche nel caso in cui presentino la domanda di assegno sociale successivamente al primo gennaio 2019.

Chi ne ha dirittoL’assegno sociale è anzitutto rivolto ai cittadini italiani che abbiano compiuto una determinata età. Il requisito anagrafico, come succedere per tutte le pensioni, è sottoposto all’adeguamento demografico (la cosiddetta speranza di vita). Risultato: dal primo gennaio 2019 passa dagli attuali 66 anni e 7 mesi a 67 anni, come previsto per la pensione di vecchiaia ordinaria, ossia quella maturata sulla base di versamento di contributi.

Ai fini della sua fruizione, ai cittadini italiani sono equiparati gli stranieri che si trovino nelle condizioni di seguito riepilogate:

1) stranieri o apolidi cui è stata riconosciuta la qualifica di “rifugiato politico” e lo “status di protezione sussidiaria” e i rispettivi coniugi ricongiunti;

2) stranieri extracomunitari o apolidi titolari di “carta di soggiorno”;

3) cittadini comunitari e i loro familiari a carico, che soggiornano in Italia per un periodo superiore ai 3 mesi, oltre il quale hanno l’obbligo di iscrizione all’anagrafe del comune di residenza e i cittadini della Repubblica di San Marino residenti in Italia.

Misura. Nel 2019 l’assegno sociale sarà pari a 457,99 euro al mese (453 euro nel 2018), equivalenti a 5.954 all’anno. L’assegno viene corrisposto in misura intera a chi non ha alcun reddito, e spetta in misura proporzionalmente ridotta a chi ha redditi propri, ma inferiori a 5.954 euro. Non si ha diritto ad alcuna prestazione se si supera questa soglia. In pratica, l’assoluta mancanza di reddito dà diritto a un assegno mensile di 458 euro. Il possesso di un reddito – per esempio 1.000 euro annui – dà diritto a un assegno mensile di 450,30 euro, pari alla differenza tra 5.954 (limite previsto) e 1.000 euro (reddito proprio), il tutto diviso 13, ossia il numero delle rate pagate nell’anno. Mentre un reddito annuo superiore a 5.954 non dà diritto a nulla.

Se chi richiede l’assegno sociale è sposato, si considerano anche i redditi del coniuge: in questo caso il limite si raddoppia (11.908 euro). Con un reddito complessivo (di entrambi i coniugi) superiore a tale cifra non è possibile ottenere l’assegno mensile, mentre in presenza di redditi (sempre di entrambi i coniugi) d’importo compreso tra 5.954 e 11.908 si ha diritto a un assegno proporzionalmente ridotto.

I redditi da considerare.  Ai fini del diritto all’assegno sociale, per reddito s’intende tutto ciò che il soggetto richiedente e il proprio coniuge possiedono in via continuativa. Compresi i redditi esenti da Irpef (per esempio la pensione di guerra) e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o a imposta sostitutiva (vincite, interessi bancari, titoli ecc.), nonché gli assegni alimentari corrisposti a norma del Codice civile.

Non contano, invece, il reddito derivante dalla casa di proprietà, purché direttamente abitata dal richiedente, i trattamenti ricevuti a titolo di liquidazione per fine rapporto di lavoro (il Tfr per esempio) e le competenze arretrate soggette a tassazione separata. Non vanno considerati inoltre i proventi provenienti da alcune forme assistenziali: le indennità di accompagnamento, gli assegni per l’assistenza personale continuativa erogati dall’Inail per invalidità permanente assoluta, gli assegni per l’assistenza personale e continuativa pagati dall’Inps ai pensionati per inabilità, l’indennità di comunicazione per i sordomuti.

L’assegno sociale può essere ridotto se il titolare è ricoverato in istituti o comunità con rette a carico dello Stato. Trattandosi di una prestazione assistenziale, l'assegno non è soggetto alle trattenute Irpef. Non è reversibile ai familiari superstiti ed è “inesportabile”, quindi non può essere erogato all'estero. Se il soggiorno all'estero del titolare dura più di 30 giorni l'assegno viene sospeso, se si prolunga per più di un anno viene invece revocato.

Invalidi civiliLa ripresa dell’inflazione fa sentire i suoi effetti anche sugli assegni a favore degli invalidi civili, che l’anno prossimo percepiranno circa 3 euro in più rispetto al 2018. È ritenuto invalido civile con diritto a un assegno mensile (285,66 euro) il soggetto che presenta una menomazione pari ad almeno il 74%. Per invalidi civili totali s’intendono invece quelli riconosciuti al 100%, coloro cioè che si trovano nella impossibilità di muoversi senza l’aiuto di altre persone, oppure non sono in grado di compiere “gli atti quotidiani della vita” e necessitano quindi di una assistenza continua. 

I limiti di reddito annui per il 2019 sono così stabiliti: 4.907 euro per gli invalidi parziali e 16.815 per gli invalidi totali. Indipendentemente dalle condizioni di reddito, dal primo gennaio 2019, gli invalidi assoluti (100%) hanno diritto, oltre all’assegno mensile di cui sopra, a un’indennità di accompagnamento di 517,84 euro al mese (era 516,35 nel 2018).

www.inps.it

Leonardo Comegna